Le indagini della Polizia hanno permesso di ricostruire la struttura di un sodalizio criminale ben strutturato e organizzato dedito alla commissione di reati contro il patrimonio. La Polizia di Stato di Perugia ha dato esecuzione ad un’ordinanza cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Perugia a carico di otto persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti in abitazione nella zona di Assisi e nelle province di Arezzo e Siena. Gli indagati, 16 complessivamente, tutti già noti alle forze dell’ordine sempre per reati contro il patrimonio, sono uomini e donne italiani e stanziali nella zona di Assisi e Cannara. Un sodalizio, riconosciuto dall’Autorità Giudiziaria come una vera e propria associazione a delinquere, legati da vincoli di parentela, con una struttura organizzativa ben delineata nei compiti, con basi logistiche ben definite e capace di avvicendarsi nei ruoli e fronteggiare situazioni di crisi avvalendosi dell’apporto di tutti membri. Un vero e proprio consorzio familiare che ha saputo dotarsi nel tempo di un programma criminoso sempre più affinato, destinato a proiettarsi nel tempo, a rimodularsi secondo le necessità. Un sistema che da anni sul territorio ha seminato nel corso del tempo terrore e insicurezza tra gli abitanti delle zone del circondario, specie quelle più isolate.In un anno i poliziotti sono riusciti ad arrestare in flagranza di reato alcuni dei componenti della banda subito dopo aver commesso il fatto, altre volte sono riusciti a recuperare la refurtiva e restituirla ai legittimi proprietari derubati anche dei loro ricordi più cari. L’anima del gruppo le 6 donne. Senza scrupoli, scaltre e astute avevano la più piccola di 22 anni la più grande di 40. Alcune di loro erano specializzate in scippi e furti in casa. Il metodo era sempre lo stesso: aggiravano le padrone di casa, scelte appositamente sole e anziane, spacciandosi per venditrici di articoli vari o bisognose dei servizi igienici. Tra le altre c’è chi si prestava a farsi intestare le autovetture, utilizzate per commettere i furti, chi trasportava la refurtiva fuori regione per essere piazzata e chi invece aveva il compito di custodire gli oggetti di valore dopo essere stati rubati e portati agli uomini della banda. Un sistema costruito nei dettagli Alcuni degli uomini della banda riuscivano a portare avanti il loro piano criminale anche se sottoposti a regime di restrizione delle libertà personale. Il loro piano era ben strutturato e non ha conosciuto battute d’arresto, se non durante il periodo del lock down. Spietati e pericolosi, a bordo di auto appositamente scelte di grossa cilindrata affrontavano ed eventualmente reggevano inseguimenti e tentativi di blocco da parte delle Forze dell’Ordine. Ed è stata proprio in una di queste circostanze che una volante è stata danneggiata perché i ladri in fuga dopo aver commesso un furto non si sono fermati, forzando il blocco. In quell’occasione venne arrestato l’unico rimasto all’interno dell’auto: il conducente ferito. Le auto scoperte venivano cambiate velocemente e venivano utilizzate anche targhe false. Lunghi e articolati erano i sopralluoghi che effettuavano nella scelta delle abitazioni su cui fare il colpo: tutte sufficientemente isolate, raggiungibili attraverso strade sterrate con scarsi sistemi di sorveglianza e controllo delle abitudini dei proprietari. Nel corso dei colpi i telefoni venivano tenuti appositamente spenti per non dare indizi della loro presenza sul luogo dei furti. Il profilo altamente professionale dell’organizzazione criminale è dimostrato anche dalla individuazione di due vere e proprie basi logistiche, nella periferia di Assisi, dove i componenti della banda si riunivano prima di partire, prendendo le autovetture designate, distribuendosi gli ‘arnesi” del lavoro, come aste, bastoni, piedi di porco, guanti e altri indumenti per camuffarsi. Ruoli ben definiti Oltre a partecipare attivamente alla commissione dei furti, c’era chi, stando agli arresti domiciliari, forniva la propria abitazione come base logistica agli esecutori materiali e vigilava sulle operazioni; chi faceva da staffetta all’auto su cui viaggiavano i complici dopo aver perpetrato i furti; chi aveva il compito invece di custodire le autovetture utilizzate per la commissione dei furti, caricarvi e scaricarvi gli attrezzi da scasso, lavarle e nel caso, grazie ad un’officina nella zona industriale di Bastia Umbra, cambiarne anche colore; chi infine faceva da vedetta nella fase di rientro dei veicoli in zona. Grazie ai servizi svolti dagli agenti di polizia, agli arresti effettuati nel corso del tempo e alla refurtiva recuperata e subito riconsegnata ai proprietari, è stato possibile per il pm che ha coordinato le indagini definire un impianto accusatorio importante e contestare agli indagati il delitto di associazione per delinquere. 12 prendevano il reddito di cittadinanza Dalle indagini è emerso che 12 dei 16 indagati beneficiano del reddito di cittadinanza.