“Al di là degli effetti diretti della pandemia che sono stati devastanti, il nostro settore, quello della ristorazione collettiva, avrà poi degli effetti permanenti per effetto dello smart working. Il lavoro agile infatti determinerà una contrazione definitiva degli addetti al lavoro fuori casa, e questo porterà necessariamente a un esubero del numero dei lavoratori nei termini di almeno il 20% della nostra forza lavoro nel nostro settore, che esprime un fatturato di 6 miliardi di euro e occupa 150mila addetti. Il 20% di essi, quindi, sono 30mila , che al termine del blocco dei licenziamenti necessariamente dovranno essere ricollocati. L’85% di questi collaboratori sono donne e quindi parliamo di decine di migliaia di donne, a bassa scolarità, che all’improvviso si troveranno fuori dal mercato del lavoro, con un forte impatto sociale”. E’ l’allarme che, intervistato da Adnkronos/Labitalia, lancia Massimiliano Fabbro, presidente di Anir Confindustria, l’Associazione nazionale delle imprese della ristorazione collettiva. “Occupandoci di servizi di ristorazione per le collettività che vivono fuori casa, con il lockdown abbiamo subito un crollo spaventoso, del 100% per il settore scolastico, del 70-80% in ambito aziendale, del 25-30% anche negli ospedali. Ma nonostante questo nel corso della pandemia non abbiamo avuto alcun tipo di aiuto. Adesso abbiamo ottenuto un solo contributo, complessivo, nei termini di 100 milioni di euro, di cui però ancora attendiamo l’effettiva disponibilità”, spiega Fabbro, che sottolinea: “Cento milioni di euro in un settore che esprime 6 miliardi di fatturato significa meno del 2%”. “Nel frattempo, l’inflazione è esplosa e quindi in 4 mesi di ritardo abbiamo bruciato l’efficacia di questo contributo. Abbiamo sollecitato che si provveda il più rapidamente possibile a rendere disponibili questi 100 milioni già stanziati. Anche se sono delle somme minime sono sempre un segnale”, ribadisce il leader di Anir Confindustria. “Inizialmente il nostro settore è stato ignorato perché erroneamente confuso con la ristorazione tradizionale con cui invece noi non abbiamo nulla a che fare, visto che è fatta da una rete di piccole e piccolissime imprese mentre una nostra impresa media ha tra i 500 e i 1000 addetti ed esprime un fatturato di almeno 25-30 milioni di euro”, evidenzia Fabbro. Un settore, quello della ristorazione collettiva, che si sta ora scontrando anche con la situazione economica complessiva del Paese. “Il nostro settore -sottolinea Fabbro- sta subendo un incredibile e abnorme aumento del costo dell’energia e delle materie prime”.