In un anno sono stati circa mille i processi penali in piu’ aperti in tribunale a Roma per reati riconducibili alla violenza sulle donne e al “codice rosso”. Nell’arco temporale compreso tra il primo luglio 2022 e il 30 giugno 2023, sono stati aperti 6.065 nuovi procedimenti contro i 5.121 dello stesso periodo dell’anno precedente. I dati, elaborati dal tribunale ordinario di Roma danno la misura della diffusione del fenomeno ma evidenziano anche che le aule di giustizia capitoline sono riuscite a definire con una sentenza, nel periodo preso in esame, ben 6.566 procedimenti. Al 30 giugno di quest’anno erano poco piu’ di 6 mila i procedimenti per violenza di genere ancora pendenti a piazzale Clodio: 2.097 davanti a un Giudice per l’udienza preliminare, 2.969 dinanzi alle sezioni del giudice monocratico e 946 davanti al tribunale collegiale. Dati sostanzialmente positivi per il tribunale presieduto dal magistrato Roberto Reali: diminuiscono i procedimenti in attesa di un giudizio nonostante sia aumentato il lavoro per le sezioni che si occupano di violenza sulle donne. Infatti tra i circa mille i procedimenti in piu’, in un anno, ci sono soltanto le sezioni del Giudice per le udienze preliminari che, oltre a
decidere sui rinvii a giudizio, e quindi se mandare o meno l’imputato sotto processo, presiede anche i riti abbreviati. Il dato che balza agli occhi tra quelli forniti dal tribunale e’ l’incremento del numero di decreti di archiviazione del Gup: a giugno di quest’anno, sono circa 800 in piu’ (2.606) rispetto alle archiviazioni di giugno dello scorso anno (1.795). In breve: sono aumentati i procedimenti, quindi le richieste di intervento della magistratura per casi di violenza sulle donne, ma non sono aumentate le condanne, bensi’ sono aumentate le archiviazioni. Un dato che fa riflettere, secondo l’avvocato Loredana Mazzenga, penalista del foro di Roma alla quale capita spesso di prestare assistenza legale a donne presunte vittime, o a uomini indagati per reati da “Codice rosso”. Oltre alle richieste di archiviazione, “il dato che mi fa riflettere – dice Mazzenga – e’ la sproporzione tra le assoluzioni e le condanne quando e’ previsto il dibattimento e quando, come nel caso in cui interviene il Gup, il dibattimento non avviene”. Basti pensare che i presidenti dei tribunali collegiali di piazzale Clodio, a giugno scorso, avevano letto 129 sentenze di assoluzione contro le 190 sentenze di condanna, quasi due assolti ogni tre condannati; al monocratico i dati addirittura si invertono con le assoluzioni (766) che sono maggiori delle condanne (689). Dinanzi al Gup, invece, le cose vanno in maniera diversa; a fronte di 82 assoluzioni ci sono state 299 condanne, poco meno di una assoluzione ogni 4 condanne. “E’ la riprova – aggiunge Mazzenga – che quando accusa e difesa calano le proprie carte nel dibattimento, il giudice ha una visione piu’ chiara della vicenda”. Tuttavia l’aumento dei processi, essendo direttamente proporzionale all’aumento delle archiviazioni, conferma da un lato che “purtroppo la crescita di questi reati e’ esponenziale” e dall’altro che “c’e’ un fenomeno che rischia di offuscare l’esigenza fondamentale e assoluta di tutelare le donne veramente vittime del reato”, spiega Mazzenga. “Si tratta, in alcuni casi – sottolinea la penalista – di tipologie di denunce ingiustamente strumentalizzate per raggiungere finalita’ diverse, cosi’ come dimostrato anche dai decreti di archiviazione e dalle sentenze di assoluzioni”. Sulla violenza di genere la giustizia comunque da anni ormai investe molto, tanto che tribunali e procure si sono organizzati con dei pool specifici di magistrati e inquirenti che si occupano principalmente di questo genere di reati. A oggi pero’ il fattore umano della sensibilita’ resta una delle variabili principali. “La reazione della magistratura a questo tipo di reati – rileva Mazzenga – viene influenzata anche dai diversi orientamenti delle procure. Ci sono procure che puntano a sanzionare questo tipo di reati con un pugno piu’ duro rispetto ad altre. Questo dipende dall’orientamento della procura e dal magistrato che ha in mano il caso”.