“Quando ho scritto quella lista avevo ipotizzato il piano di rapirla, stare con lei qualche tempo e poi farle del male e toglierle la vita”. Filippo Turetta risponde cosi’ alla domanda del pm Andrea Petroni sul perche’ avesse compilato un elenco di cose da comprare, tra i quali lo scotch e i coltelli, indice della premeditazione, per la Procura, dell’omicidio di Giulia Cecchettin. L’imputato parla a testa bassa, la sua narrazione e’ spesso interrotta da momenti di titubanza. E’ la prima volta in un’aula di Tribunale a Venezia, nella seconda udienza del processo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, per il reo confesso dell’assassinio. Il 23enne di Torreglia, detenuto nel carcere veronese di Montorio, è comparso davanti ai giudici della Corte d’Assise di Venezia. La procura gli contesta l’omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà e legame affettivo, e i reati di sequestro di persona, occultamento di cadavere e porto d’armi. Nel primo interrogatorio davanti agli inquirenti, Turetta aveva affermato che lo scotch era stato acquistato per “appendere manifesti”, i coltelli perché “pensava di suicidarsi”. Dalle ammissioni di Turetta emerge la conferma delle tesi di accusa secondo cui lo scotch serviva per legare Giulia e che i coltelli erano stati messi in auto ben prima dell’11 novembre, giorno del delitto. Di fatto, è emerso che tutta la vicenda è supportata – come da indagine – da una serie di atti preparatori, alcuni dei quali non messi in atto all’ultimo momento, ad esempio l’acquisto di altro materiale. Filippo Turetta ha ammesso in aula di aver detto “una serie di bugie” nel primo interrogatorio con il pm Andrea Petroni. Oggi, anche alla luce dei memoriali fatti avere alle parti, ha dunque ammesso di aver premeditato l’omicidio di Giulia Cecchettin così come gli viene contestato dalla procura. Turetta ha ammesso che da alcuni giorni precedenti il delitto aveva stilato la famosa “lista delle cose da fare”, compreso prelevare contante con il bancomat, da gettare per far perdere le proprie tracce, così come aveva studiato in internet come evitare che la propria auto fosse individuata durante la fuga. Il 7 novembre: “Quella sera scrivendo quella lista ho ipotizzato questo piano, questa cosa, di stare un po’ insieme e di farle del male” dice dal banco degli imputati. “Ero arrabbiato, avevo tanti pensieri, provavo un risentimento che avessimo ancora litigato, che fosse un bruttissimo periodo, che io volessi tornare insieme”. “C’erano delle cose che mi portavano ad avere speranze di tornare insieme”. Filippo Turetta spiega al pm che, nonostante i messaggi che si scambiava con Giulia Cecchettin delineassero un rapporto ormai incrinato, nutriva ancora la suggestione di ricucire il rapporto. “Ma a quali elementi era agganciata questa speranza? Io non ne vedo”, chiede il magistrato. “Comunque ci vedevamo e ci scrivevamo A mia percezione, quando eravamo in presenza fisicamente a volte percepivo certe cose, altre meno”, e’ la risposta dell’imputato. Ed Elena Cecchettin non è in aula ad ascoltare Filippo Turetta nel processo che lo vede accusato dell’omicidio della sorella Giulia. “Oggi e lunedi’ 28 ottobre non saro’ presente in aula – scrive sui social-. Non per disinteresse, ma per prendermi cura di me stessa. Sono piu’ di 11 mesi che continuo ad avere incubi, 11 mesi che il mio sonno e’ inesistente o irrequieto. La mia salute mentale e soprattutto quella fisica ne hanno risentito. Ho perso il conto delle visite mediche che ho dovuto fare nell’ultimo anno. Seguiro’ a distanza anche tramite i miei legali, tuttavia non partecipero’. Sarebbe per me una fonte di stress enorme e dovrei rivivere nuovamente tutto quello che ho provato a novembre dell’anno scorso. Semplicemente non ne sono in grado”.
Turetta ammette la premeditazione per la prima volta in aula: “Ho pensato di rapire Giulia e di toglierle la vita”






