Sono oltre 400 le pagine che contengono le motivazioni della sentenza con cui lo scorso 25 marzo è stato condannato all’ergastolo Raul Esteban Calderon per l’omicidio di Fabrizio Piscitelli, il leader degli Irriducibili, noto come ‘Diabolik’, ucciso con un colpo di pistola alla testa il 7 agosto del 2019 nel parco degli Acquedotti. ”Sono state ritenute attendibili le prove acquisite e pertanto dimostrate alcune circostanze di fatto: il contesto di criminalità organizzata in cui il delitto è maturato, il movente e i mandanti dell’omicidio, la reazione scatenata contro i mandanti dal gruppo di Piscitelli dopo il delitto, i legami strettissimi esistenti tra i mandanti e tra l’imputato e tra Leandro Bennato e Giuseppe Molisso, il ruolo di killer professionista assolto dall’imputato al soldo di Bennato e Molisso, l’identificazione nell’imputato del killer che, nel tardo pomeriggio di una calda giornata d’estate del 2019, ha freddato con un colpo alla nuca Fabrizio Piscitelli”. È quanto scrivono i giudici della Terza Corte di Assise di Roma. I giudici non hanno riconosciuto però l’aggravante del metodo mafioso. Secondo l’accusa, rappresentata dai pm Mario Palazzi, Rita Ceraso e Francesco Cascini, la vera identità dell’argentino imputato è quella di Gustavo Alejandro Musumeci. ”Non vi è dubbio, invece, che non abbia resistito al vaglio del contraddittorio dibattimentale la prova costituita dalla chiamata in reità formulata da Rina Bussone, ex-convivente dell’imputato, nel nucleo sostanziale della sua narrazione, laddove, cioè, riferiva di aver raccolto la confessione del compagno di aver sparato a Diabolik su mandato di Leandro Bennato, pur rimanendo riscontrata esternamente per alcune parti del dichiarato” scrivono i giudici. ”Se ciò è incontestabile, va rimarcato come il quadro indiziario già valutato in sede cautelare si sia arricchito di nuovi elementi di prova, costituiti dalle chat criptate delle piattaforme Encrochat e Sky-Ecc, dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Fabrizio e Simone Capogna e dagli esiti di altri procedimenti penali che, valutati congiuntamente agli elementi già scrutinati in sede cautelare e acquisiti in dibattimento, dimostrano, a giudizio della Corte, oltre ogni ragionevole dubbio, l’appartenenza dell’imputato alla fazione criminale capeggiata da Leandro Bennato e Giuseppe Molisso e il ruolo di killer da lui assolto nell’omicidio”, sottolineano nelle oltre 400 pagine di motivazioni. ”Ritiene la Corte che il comportamento violento e spregiudicato tenuto da Fabrizio Piscitelli nella trattativa tra gli albanesi e Alessandro Capriotti, detto il Fornaro, sia stato sì la causa immediata che ne ha decretato la morte, ma non ne esaurisca interamente la causale poiché plurimi e convergenti elementi depongono per ritenere che l’eliminazione di Diabolik avesse l’ulteriore finalità di indebolire la fazione criminale alla quale egli apparteneva”. ”Sono stati acquisiti una serie di convergenti elementi di prova di natura eterogenea (dichiarativi, documentali, tecnici) che dimostrano pacificamente che, nei giorni immediatamente antecedenti al delitto, Piscitelli era impegnato in una trattativa con Capriotti per il pagamento di una consistente somma di denaro, pari a 300.000 euro,
pretesa a titolo di prezzo di acquisto di una partita di 14 kg di cocaina, oggetto della truffa che Capriotti, in concorso con Maurizio Petrucci, detto Il Tunisino, aveva consumato nel 2016 ai danni del fornitore albanese e che per tale motivo Diabolik si era già incontrato con Capriotti nel parco degli Acquedotti, più o meno nello stesso luogo in cui si sarebbe dovuto nuovamente incontrare il giorno in cui è stato ucciso – sottolineano i giudici – In questo contesto sono state chiarite le ragioni per le quali la trattativa tra le parti contendenti fosse entrata in crisi e Capriotti avesse maturato il rifiuto di pagare e manifestato il proposito di uccidere Piscitelli, giudicando il comportamento da lui tenuto una vera e propria estorsione ai suoi danni”. Per i giudici quindi ”l’analisi congiunta delle complessive risultanze istruttorie consente di comprendere che: Capriotti non ha agito da solo, ma con il concorso di Leandro Bennato e Molisso Giuseppe; l’omicidio è maturato in un contesto di criminalità organizzata; la finalità perseguita con il delitto è l’eliminazione, con modalità eclatanti, di una figura carismatica, ma ingombrante, come Piscitelli, capo di una potente organizzazione criminale avversaria, dedita al narcotraffico e al compimento di azioni violente per ottenere il pagamento dei debiti derivanti dalla cessione di partite di droga, in naturale concorrenza con l’organizzazione criminale capeggiata dal duo Molisso-Bennato”. ”Plurimi sono gli elementi che depongono per la sussistenza degli elementi costitutivi della premeditazione” nell’omicidio di Fabrizio Piscitelli. ”Il primo è dato dal momento in cui è stato assunto il proposito di uccidere Diabolik. Passando in rapida rassegna gli eventi che precedono il delitto, deve ritenersi che tale decisione sia stata presa dopo il rifiuto, opposto da Piscitelli, di accettare l’orologio offerto da Capriotti in acconto sul debito” di 300mila euro. ”Dopo tale incontro, Capriotti manifesta la sua contrarietà per il comportamento arrogante tenuto da Piscitelli e per il coinvolgimento di Fabrizio Fabietti nella trattativa, e nel tentativo di prendere tempo offre un orologio a titolo di acconto sul pagamento del debito – si legge nelle motivazioni – Piscitelli rifiuta l’orologio poiché di valore inferiore a quello che gli era stato prospettato, pretendendo da Capriotti il pagamento dell’intera somma. Capriotti manifesta in modo aperto sia il rifiuto di pagare e cedere al ricatto sia l’intenzione di ammazzare Diabolik – scrivono i giudici – al quale dà appuntamento nel tardo pomeriggio del 6 agosto al Parco degli Acquedotti dove si erano già incontrati in precedenza, ma non si presenta e rinvia l’incontro al giorno successivo, stessa ora e stesso luogo. Considerato che il giorno successivo egli diserta nuovamente l’appuntamento e al suo posto si presenta l’imputato, è di tutta evidenza che Piscitelli è stato attirato nel luogo in cui sarebbe stato ucciso con l’inganno, scegliendo un parco pubblico in cui in precedenza i due si erano incontrati, frequentata da molte persone, tale da non indurre alcun sospetto nella vittima e coglierla di sorpresa. La logica concatenazione degli eventi dimostra con certezza che l’appuntamento del 7 agosto era un agguato e che la determinazione criminosa di eliminare Diabolik era già stata presa quantomeno dal momento precedente al differimento dell’appuntamento nel parco, cioè dal 6 agosto” sottolineano i giudici. Quanto infine all’aggravante del metodo mafioso, non riconosciuta dai giudici, nelle motivazioni si osserva ”come senza dubbio l’omicidio sia stato commesso con modalità eclatanti, in pieno giorno (intorno alle ore 18:45 circa), all’interno di un parco pubblico frequentato da diverse persone al momento dei fatti, esplodendo un singolo colpo di arma da fuoco alla nuca della vittima. Tuttavia, tali circostanze non sono di per sé sufficienti a qualificare la condotta come connotata dal ricorso al metodo mafioso, sebbene possano certamente costituire indizi di sussistenza dell’aggravante, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità”.
Omicidio Piscitelli: “Prove attendibili su contesto criminale, movente, mandanti, identificazione dell’imputato”






