Un decennio fa, la stessa Acea che oggi dismette il campo pozzi Laurentino, chiedeva alla Regione Lazio di tutelarlo. Era il 2013, e l’azienda definiva l’area vulnerabile, da escludere rigorosamente da nuovi insediamenti industriali per salvaguardare la falda acquifera. Oggi, quel principio è stato cancellato con un colpo di spugna. La priorità non è più l’acqua, ma il futuro maxi inceneritore di Roma, che sorgerà proprio lì. Il campo pozzi, situato tra Ardea e Pomezia, serve circa 150.000 persone. Ma è destinato a diventare una terra di nessuno: non più acqua, ma fumi industriali, mentre la falda – già contaminata e vulnerabile – rischia di essere irrimediabilmente compromessa. Il cambio di rotta è netto: prima Acea ha ottenuto il via libera per impianti di potabilizzazione, costruiti per depurare un’acqua ormai contaminata. Impianti pagati con soldi pubblici e ricaduti direttamente sulle bollette dei cittadini. Ora, a lavori fatti e spese sostenute, l’azienda dichiara il sito superato e propone di abbandonarlo, optando per nuove fonti idriche più lontane e più costose. Anche queste, ovviamente, a carico degli utenti. A denunciare il paradosso è l’associazione Tutela Roma Sud, che ha scritto ai 50 consiglieri comunali di Ardea e Pomezia, chiedendo uno stop immediato alla dismissione del sito e alla sua trasformazione in un’area industriale. “La falda del Laurentino non era solo una risorsa idrica – scrivono – ma un patrimonio ambientale da proteggere. Ora diventa un limbo senza tutele, dove l’acqua non è più prioritaria, e la salute dei cittadini viene subordinata alle esigenze di smaltimento dei rifiuti”. Un grido d’allarme che, temono i promotori, rischia di affogare tra la burocrazia e l’indifferenza, lasciando spazio a una strategia miope e, alla lunga, potenzialmente devastante.






