Una lettera. Nient’altro che una lettera. Scritta da una mano tremante, forse, ma ferma. Indirizzata al sindaco Marco Piendibene, consegnata anche alla Guardia di Finanza, come si consegna una denuncia, sì, ma anche un grido. Una supplica. O forse una maledizione. L’ha firmata un vecchio. Ottantadue anni. Uno di quei cittadini che ancora credono che pagare le tasse dia diritto, se non a un premio, almeno a una passeggiata. Una passeggiata pulita, decorosa, su quel Viale Garibaldi che per decenni è stato la linea del respiro tra la città e il mare. Ora no. Ora c’è un chiosco. Un chiosco bar. Una baracca modernista piantata nel mezzo del marciapiede, come una zanna marcia che buca la gengiva della città. «È un pugno nello stomaco», scrive l’anziano. Ma è molto di più. È l’estetica dell’arbitrio, l’incuria travestita da concessione. È la bruttezza che diventa norma. È l’offesa silenziosa che non urla, ma pesa. E il vecchio lo sa, lui che ogni mattina usciva per la sua passeggiata sul lungomare, e che ora si ritrova a schivare sedie, a scansare ombrelloni, a spostarsi dal sentiero degli invalidi, profanato anch’esso da quella costruzione inutile. «Giustamente ha tolto le giostre dal viale – dice rivolto al sindaco – e ora ci piazza un chiosco bar». Un gesto che, nella logica del potere di provincia, risponde forse a qualche equilibrio taciuto, a qualche concessione opaca. Ma la città non è un bando, non è una delibera. La città è quel respiro che passa tra il volto del mare e le pupille dei suoi cittadini. E quel chiosco lo interrompe. Lo spezza. Nell’esposto, l’uomo chiede anche controlli sugli ambulanti, sugli oggetti che invadono la spiaggia come un esercito colorato e muto. E chiede alla Polizia Locale di essere meno presenza decorativa e più presidio concreto. Ma, soprattutto, chiede al sindaco una cosa semplice: che si torni a vedere il mare. Che si restituisca la bellezza, violata con leggerezza, a chi ogni giorno cerca un po’ di pace tra i passi e l’orizzonte. «La prego di intervenire per il ripristino della legalità – conclude l’82enne – e per far togliere quel chiosco da viale Garibaldi in modo da poter godere della visuale panoramica di questa città d’incanto». Una città d’incanto, sì. Ma dove il potere, anche quando parla piano, fa rumore. E qualche volta, toglie il cielo.
Quel chiosco su Viale Garibaldi: la ferita sul volto del lungomare






