Ad Ardea ormai si recita un copione che rasenta la farsa, se non fosse per il peso delle conseguenze sulla vita pubblica. Il protagonista? Francesco Giordani, Presidente del Consiglio Comunale, che pare piegare le regole al capriccio del momento, tra Pec ignorate, Commissioni bloccate e un’idea molto elastica del diritto. Tutto nasce da un atto limpido, semplice e formalmente corretto: le dimissioni di Veronica Ortolani, allora Presidente della Commissione “Servizi alla Persona”. La missiva arriva via posta elettronica certificata, personale e regolarmente protocollata, un mezzo che la legge considera equiparabile alla firma autografa. Ma a quanto pare, nel regno di Giordani, la legge è un’opinione. Il Presidente infatti decide di non prenderne atto, sostenendo che Ortolani avrebbe “disconosciuto” le proprie dimissioni. Ora, chi ha familiarità con i meccanismi della burocrazia sa che la Pec ha valore legale pieno. Punto e basta. La norma è chiara: dimissioni formalizzate impongono al Presidente del Consiglio la convocazione delle Commissioni entro quindici giorni. E invece? La Commissione rimane congelata, come in un limbo, con la scusa che la dimissionaria sarebbe ancora “in carica”. Una forzatura che calpesta il diritto e mortifica il senso stesso della democrazia. Ma il colpo di scena è dietro l’angolo: Giordani si rifiuta di convocare la Commissione per l’elezione del nuovo presidente, rimandando la palla proprio a quella che ha “disconosciuto” le dimissioni. Una richiesta destinata a fallire: la convocazione arriva infatti solo al decimo giorno, di venerdì sera, alle 19.30, un orario calcolato a tavolino per garantire l’assenza. Il risultato è scontato: Ortolani non si presenta. Con la Commissione ufficialmente convocata e priva della sua ex presidente, si procede alla votazione e la nuova Presidente viene eletta. Ma, come in ogni commedia degli equivoci che si rispetti, arriva un ulteriore intoppo: dagli uffici arrivano ordini di aprire la seduta col consigliere più anziano, tocca a Franco Marcucci aprire i lavori prima del voto. Così ad Ardea la democrazia si muove a singhiozzo, tra pastoie burocratiche, giochetti di potere e un Presidente che interpreta la legge come una sceneggiatura da rivedere ogni giorno. Nel frattempo, la città resta a guardare, spettatrice impotente di un teatro sempre più assurdo.






