Un silenzio carico di emozione ha avvolto Piazza del Popolo questa mattina, mentre centinaia di persone si stringevano nel cuore della Capitale per dare l’ultimo saluto a uno dei volti più amati del teatro italiano. Tra le antiche pietre della piazza, trasformata per l’occasione in un palcoscenico all’aperto del commiato, si sono svolti i funerali solenni dell’attore e regista scomparso nei giorni scorsi all’età di 94 anni. Sotto un cielo di fine estate, amici, colleghi, autorità e semplici cittadini si sono riuniti in un lungo abbraccio collettivo. Il feretro, sobrio ma elegante, è stato accolto da un lungo applauso, seguito da un momento di profondo raccoglimento. Sul sagrato della Chiesa di Santa Maria in Montesanto, la cosiddetta “chiesa degli artisti”, una grande foto in bianco e nero ritraeva l’attore in uno dei suoi ruoli più iconici: sorriso sornione, sguardo vivo, quell’aria di ironia intelligente che lo ha reso indimenticabile. La cerimonia, sobria ma densa di significati, è stata scandita da testimonianze toccanti. A prendere la parola, tra gli altri, il regista Luca Ronconi, l’attrice Valeria Golino e il direttore del Teatro Argentina, Marco Baliani, che ha ricordato la “dedizione assoluta al mestiere, alla parola scenica, al respiro collettivo della scena”. “Aveva il teatro nelle vene,” ha detto con la voce incrinata dall’emozione. “E ci insegnava, ogni sera, che anche la verità può avere leggerezza, se a sostenerla c’è l’ironia.” Proprio l’ironia, tratto distintivo dell’uomo oltre che dell’artista, è stata più volte citata. “Rideva della vita, anche quando la vita era amara,” ha raccontato la figlia sul palco, con accanto una sedia vuota del suo camerino, simbolo della sua presenza che continuerà a vivere in chi l’ha amato. “Papà diceva sempre che il teatro non si fa per essere applauditi, ma per fare compagnia agli altri. E oggi siete voi a far compagnia a lui.” Tra il pubblico, volti noti del mondo dello spettacolo ma anche cittadini comuni, gente che ha riempito per anni i teatri per applaudirlo, ridere con lui, commuoversi. Qualcuno sventolava il copione sgualcito di una sua celebre pièce, altri si stringevano in silenzio, occhi lucidi e cuori gonfi. Le campane hanno suonato mentre la bara lasciava la piazza, attraversando un corridoio umano fatto di mani giunte e lacrime discrete. Poi di nuovo, spontaneo, l’applauso. L’ultimo, infinito, come l’eco della sua voce rimasta tra le quinte di ogni palco calcato. Addio, maestro. Che il sipario non cali mai sul tuo sorriso.






