giovedì, Dicembre 4, 2025

Caporalato tra le vigne del Lazio: baraccopoli, sfruttamento e silenzi nel cuore dell’eccellenza

Nelle campagne che profumano di mosto e tradizione, dove l’Italia celebra le sue eccellenze vitivinicole, si nasconde un volto oscuro e troppo spesso ignorato: quello del caporalato tra le vigne, un sistema di sfruttamento che non risparmia nessuno, nemmeno il mondo del vino. A raccontarlo è Livio Buffo, giornalista e fondatore della free press Oscar Wine, che da anni indaga il dietro le quinte della produzione enologica italiana. Le sue inchieste portano alla luce storie di lavoratori in nero, stranieri senza documenti e italiani spinti dalla povertà a raccogliere uva per pochi euro l’ora, sotto il controllo di caporali e intermediari senza scrupoli. Tra le colline che producono etichette da centinaia di euro a bottiglia, sorgono le cosiddette “bindoville”, baraccopoli improvvisate fatte di lamiere, teli e roulotte fatiscenti, dove vivono migliaia di braccianti. “Le condizioni igieniche sono precarie, l’acqua scarseggia e spesso non ci sono servizi di base. Eppure, ogni mattina, all’alba, quei lavoratori tornano nei filari, invisibili, a sostenere l’eccellenza del nostro export,” racconta Buffo. Le inchieste della magistratura negli ultimi anni hanno portato alla luce vere e proprie reti organizzate di caporalato agricolo, con aziende che impiegano manodopera irregolare per ridurre i costi e aumentare i profitti. Il fenomeno non riguarda soltanto il Sud, ma anche le regioni del Nord, dove il settore vinicolo rappresenta una fetta significativa dell’economia. Non solo stranieri: nelle bindoville e nei casolari abbandonati trovano rifugio anche italiani impoveriti, pensionati con assegni minimi o giovani disoccupati attratti da un guadagno immediato. “È una realtà che smentisce l’immagine dorata delle nostre campagne – aggiunge Buffo – e ci obbliga a riflettere su un sistema che, mentre celebra il lusso del vino, costruisce il proprio successo sullo sfruttamento silenzioso di chi lavora la terra.” Un paradosso che chiama in causa non solo le aziende, ma anche le istituzioni e i consumatori, perché dietro un calice di vino di pregio può nascondersi una storia di sfruttamento e miseria. Un problema che non può più essere derubricato a “casi isolati”, ma che impone un impegno collettivo per restituire dignità a chi, nelle vigne, produce una delle identità più amate del nostro Paese.

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