La partita diplomatica sulla guerra in Ucraina entra in una fase sempre più delicata, con Volodymyr Zelensky stretto tra le pressioni degli Stati Uniti, le minacce della Russia e la richiesta dell’Europa di avere voce nei futuri negoziati. A muovere le acque è soprattutto Donald Trump, che da giorni aumenta il pressing su Kiev affinché accetti il piano di pace in 28 punti elaborato dalla Casa Bianca, un progetto che prevede – tra le misure più controverse – anche la cessione di territori alla Russia. “Zelensky dovrà farselo piacere”, ha dichiarato senza mezzi termini il presidente americano nello Studio Ovale, lasciando intendere che la pazienza di Washington si stia esaurendo. “Se non gli piace, allora dovranno semplicemente continuare a litigare. Ma a un certo punto dovrà accettare qualcosa”. Trump sostiene che il suo piano rappresenti “un modo per raggiungere la pace”, ma ribadisce che la decisione finale spetta al leader ucraino. A complicare ulteriormente lo scenario arriva la minaccia velata – ma non troppo – di Vladimir Putin. Il Cremlino, attraverso il portavoce Dmitri Peskov, ha fatto sapere che la Russia è “totalmente aperta ai negoziati”, ma ha avvertito che, in caso di rifiuto, Mosca potrebbe conquistare “ulteriori territori”. Un monito che mira a stringere Zelensky in una morsa, soprattutto mentre l’esercito russo rivendica nuovi avanzamenti sul campo. La data chiave indicata dal presidente americano è il 27 novembre, giorno del Ringraziamento negli Stati Uniti: un termine “appropriato” entro cui Kiev dovrebbe pronunciarsi. Trump non esclude una proroga, “se le cose vanno bene”, ma avverte che, nel frattempo, l’Ucraina rischia di perdere altro terreno. Un quadro che mette Zelensky davanti a un bivio dalle conseguenze potenzialmente drammatiche. Il presidente ucraino ha ammesso apertamente la portata della scelta, parlando della possibilità di dover “perdere la dignità o rischiare di perdere un partner chiave”. Parole che riflettono l’isolamento crescente di Kiev, tra un’Europa che sostiene la necessità di una pace “giusta e senza compromessi territoriali” e un’America intenzionata a chiudere il conflitto il prima possibile. Nonostante il clima teso, Zelensky ha cercato di mantenere una linea equilibrata. Dopo un colloquio con il vicepresidente americano J.D. Vance, ha assicurato che l’Ucraina presenterà “alternative” al piano americano: “Non abbiamo tradito il Paese nel 2022, non lo faremo ora. Presenterò argomenti, convincerò e proporrò soluzioni”. Nel corso della giornata, però, il presidente ha lasciato intravedere un’apertura, riconoscendo la “volontà del presidente Trump di porre fine allo spargimento di sangue” e valutando “positivamente ogni proposta realistica”. Sullo sfondo, Mosca continua a scandire il tempo dei negoziati. “È meglio farlo ora che dopo”, ha precisato Peskov, sostenendo che “lo spazio di manovra di Zelensky si sta riducendo”. Un messaggio che suona come un ultimatum. Intanto, l’Europa reclama un ruolo nei colloqui, rivendicando l’urgenza di garantire che la pace non avvenga a scapito di Kiev. Gli Stati Uniti, dal canto loro, ribadiscono che il loro unico obiettivo è “far cessare le uccisioni”, mentre assicurano che le pesanti sanzioni contro il petrolio russo entreranno in vigore “molto presto”. Nel frattempo, dietro le dichiarazioni ufficiali, a Kiev e nelle capitali occidentali cresce l’attesa per capire se davvero il 27 novembre potrà segnare una svolta — o se la guerra continuerà, trascinando con sé rischi politici e militari sempre più difficili da contenere.
Trump spinge per il piano di pace in Ucraina, Zelensky sotto pressione tra minacce russe e richieste americane






