Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio torna a far discutere sul fronte della tutela del territorio, annullando la classificazione assegnata dalla Regione a un lotto situato tra Ardea e Anzio, trasformato dal PTPR in “paesaggio naturale di continuità”. Una definizione che, secondo i giudici, non rispecchia in alcun modo le condizioni reali dell’area. Il terreno in questione, un piccolo lotto recintato e oggi incolto, è infatti circondato da villette unifamiliari, strade, parcheggi e infrastrutture tipiche di un quartiere residenziale. Nessun bosco, nessuna duna costiera, nessun contesto agricolo aperto: solo una sorta di “isola” libera all’interno di un territorio completamente urbanizzato, cresciuto in modo progressivo nel corso degli ultimi decenni. Nonostante ciò, la Regione Lazio aveva difeso la scelta effettuata nel PTPR del 2021, richiamando la precedente pianificazione paesistica — il PTP n. 10 “Latina” — e la Carta dell’Uso del Suolo del 2000, che indicavano quell’area come “verde urbano”. L’obiettivo, secondo la Regione, era quello di preservare gli ultimi spazi liberi prossimi alla costa, incrementando la dotazione di aree pubbliche in un territorio in cui l’edificazione è ormai predominante. Una linea difensiva ritenuta insufficiente dal TAR. Nel dispositivo, i giudici affermano che la tutela del verde pubblico è un obiettivo legittimo e condivisibile, ma che deve essere perseguito con “gli strumenti urbanistici ordinari”, come le varianti di piano o le procedure di esproprio, e non attraverso l’uso improprio delle categorie paesaggistiche. In altre parole, il TAR considera la classificazione del PTPR una forzatura normativa, poiché applica tutele tipiche di ambiti naturali a un’area che naturale non è più da tempo. La sentenza apre ora scenari significativi per la pianificazione sul litorale laziale, dove negli ultimi anni la Regione ha tentato di rafforzare le barriere contro il consumo di suolo. Ma il caso dimostra che, quando la realtà urbanistica è ormai consolidata, a prevalere deve essere la coerenza tra strumenti di tutela e stato effettivo dei luoghi.






