La Procura di Milano accelera e allarga il raggio dell’inchiesta sul lavoro nero nella filiera della moda di fascia alta. Un’indagine che, partita da una serie di ispezioni in opifici clandestini gestiti da imprenditori cinesi nell’hinterland milanese, sta ora coinvolgendo 13 brand del lusso, ai quali nelle ultime ore i carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro hanno notificato ordini di consegna documentale. Il fascicolo, coordinato dal pubblico ministero Paolo Storari, punta a far luce su un sistema produttivo parallelo, nascosto dietro la rete degli appalti e subappalti che collega i laboratori irregolari alle grandi maison. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, gli opifici – spesso ricavati in capannoni anonimi, privi di uscite di sicurezza, impianti a norma e condizioni minime di igiene – ospitavano lavoratori impiegati in totale assenza di tutele, con turni massacranti, retribuzioni irrisorie e alloggi improvvisati all’interno degli stessi spazi in cui si confezionavano capi destinati al mercato del lusso. Le verifiche eseguite finora hanno evidenziato violazioni su più fronti: mancanza di contratti regolari, straordinari non retribuiti, contributi evasi, postazioni di lavoro pericolose e orari incompatibili con qualsiasi standard di sicurezza. Una porzione della filiera che, stando agli inquirenti, sarebbe stata “incorporata” nei processi di produzione attraverso affidamenti di lavorazioni conto terzi difficili da monitorare, soprattutto quando i subappalti si stratificano fino a dissolvere la responsabilità diretta dei committenti. Proprio per ricostruire ogni passaggio, la Procura chiede ora ai brand coinvolti di fornire audit interni, modelli organizzativi, mappature della supply chain e documentazione utile a capire quali controlli siano stati adottati e con quale frequenza. Una richiesta che, sottolineano gli inquirenti, ha la funzione di misura preventiva, volta a evitare provvedimenti più invasivi come perquisizioni o sequestri, qualora le verifiche documentali non risultassero sufficienti. Nei prossimi giorni gli investigatori analizzeranno il materiale raccolto per stabilire il livello di vigilanza esercitato dalle aziende e verificare se l’omesso controllo possa configurare responsabilità penali o amministrative. L’obiettivo è far emergere eventuali zone d’ombra di un settore che continua a crescere sui mercati internazionali ma che, dietro la patina scintillante delle passerelle e delle campagne pubblicitarie, potrebbe nascondere un sistema produttivo fondato sullo sfruttamento e sull’irregolarità.
Milano, inchiesta sul lavoro nero della moda: controlli su 13 brand del lusso






