domenica, Dicembre 14, 2025

Medio Oriente, Mahmud Abbas: “Italia sia parte del Consiglio di Pace”

Si è conclusa ieri la seconda giornata di incontri a Roma per il Presidente dell’Autorità Palestinese, Abu Mazen. Il primo leader politico italiano a recarsi all’Hotel “Rome Cavalieri” per un faccia a faccia con Mahmud Abbas è stato Maurizio Acerbo, Segretario del Partito della Rifondazione Comunista (PRC). A seguire, si sono dati il cambio i vertici del Campo Largo in riunioni rigorosamente divise per partito: prima Elly Schlein del Partito Democratico (PD), poi Giuseppe Conte del Movimento 5 Stelle (M5S) e, infine, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi e Sinistra (AVS). Al termine delle consultazioni, l’appello della coalizione è stato unanime: “Il Governo riconosca subito lo Stato di Palestina” e agisca insieme alla comunità internazionale per “porre fine alle occupazioni illegali in Cisgiordania”. Abu Mazen ha ringraziato il popolo italiano per le mobilitazioni a sostegno di Gaza e si è congedato dopo la due giorni romana con un messaggio di speranza: “Ci sarà la Palestina libera, ho speranza”. Secondo quanto riferito da Acerbo, per l’Autorità Palestinese “è importante che l’Italia partecipi alla forza multinazionale per la pace”. Tuttavia, il giorno dopo la visita del capo dell’Autorità Palestinese, che lo ha visto prima a Palazzo Chigi e poi alla kermesse di Fratelli d’Italia ‘Atreju’, a tenere banco sono ancora le polemiche. Il Presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha attaccato Giorgia Meloni affermando che non può “raccontare una realtà diversa da quelli che sono i fatti storici. Il fatto che l’Italia non abbia fatto nulla – e poteva avere sicuramente un ruolo per contribuire a impedire il genocidio – è la storia”. Non è stato più morbido Fratoianni, secondo cui “il Governo avrebbe potuto, potrebbe e dovrebbe fare molto di più di quello che ha fatto, e resta uno dei troppi governi che hanno dimostrato una complicità con quello che è accaduto a Gaza”. Per il Segretario del PRC, “Meloni tenta di strumentalizzare la visita di Abu Mazen perché ha bisogno di rispondere all’indignazione degli italiani. In qualche modo è anche una vittoria della mobilitazione per la Palestina”. La Segretaria del PD, Elly Schlein, ha parlato di un “incontro molto positivo” e ha incalzato: “Non si potrà parlare di pace finché non ci sarà un pieno riconoscimento dello Stato palestinese. Serve anche porre fine alle occupazioni illegali in Cisgiordania. Sono passi necessari per cui tutta la comunità internazionale e il Governo italiano devono fare la loro parte”. “C’è un genocidio in corso, questa è la parola che è stata usata”, ha raccontato Bonelli, aggiungendo un aneddoto sull’incontro: visto che “io e Nicola (Fratoianni, ndr) non abbiamo la possibilità di entrare in Israele per i prossimi novantanove anni”, Abbas “ci ha detto ‘non vi preoccupate ci sarà la Palestina libera, ho speranza, e voi sarete i miei e i nostri invitati'”. Un invito inoltrato per telefono anche a Romano Prodi nel corso di una “molto affettuosa” telefonata con il Presidente dell’Autorità Palestinese. Il leader novantenne ha donato ai suoi visitatori una targa con lo scudo della Palestina a forma di stella e ha ricevuto anche Moni Ovadia, che lo ha salutato con le parole: “Io mi sento profondamente palestinese anche se sono ebreo, perché come ebreo so che il mio dovere è stare con gli oppressi”. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres era sabato a Baghdad per celebrare la fine della missione politica istituita nel 2003 dopo l’invasione dell’Iraq guidata dagli Stati Uniti che ha rovesciato Saddam Hussein. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, su richiesta dell’Iraq, ha votato lo scorso anno per concludere il mandato della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Iraq (UNAMI) entro la fine del 2025. La missione era stata istituita per coordinare gli sforzi umanitari e di ricostruzione post-conflitto e contribuire a ripristinare un governo rappresentativo nel Paese. Guterres ha elogiato “il coraggio, la forza d’animo e la determinazione del popolo iracheno” e gli sforzi del Paese per ripristinare la sicurezza e l’ordine dopo anni di violenze settarie e l’ascesa di gruppi estremisti, tra cui lo Stato Islamico, negli anni successivi all’invasione del 2003. Gli iracheni hanno lavorato per superare decenni di violenza, oppressione, guerra, terrorismo, settarismo e interferenze straniere“, ha detto il segretario generale. ”E l’Iraq di oggi è irriconoscibile rispetto a quei tempi“. L’Iraq ”è ora un Paese normale, e le relazioni tra l’ONU e l’Iraq diventeranno relazioni normali con la fine dell’UNAMI”, ha aggiunto Guterres. Ha inoltre espresso apprezzamento per l’impegno dell’Iraq a rimpatriare i propri cittadini dal campo di al-Hol, un vasto campo tendato nel nord-est della Siria che ospita migliaia di persone – per lo più donne e bambini – con presunti legami con l’IS. Guterres ha recentemente raccomandato l’ex presidente iracheno Barham Salih come prossimo capo dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, la prima nomina dal Medio Oriente in mezzo secolo. Il mandato presidenziale di Salih, dal 2018 al 2022, è iniziato subito dopo la violenta avanzata dello Stato Islamico in Iraq e la battaglia per riconquistare il territorio occupato dal gruppo estremista, compresa la città chiave di Mosul, nel nord del Paese. Almeno 2,2 milioni di iracheni sono stati sfollati mentre fuggivano dall’offensiva dell’IS. Molti, in particolare i membri della minoranza yazida del distretto settentrionale di Sinjar, rimangono ancora oggi nei campi profughi. Oltre 200 ex ostaggi, loro parenti e familiari di ostaggi deceduti hanno scritto una lettera al primo ministro Benjamin Netanyahu chiedendogli di autorizzare l’istituzione di una commissione statale d’inchiesta sulle mancanze legate all’aggressione del 7 ottobre 2023. La lettera è stata pubblicata dall’October Council, un movimento composto da famiglie in lutto che chiedono un’indagine statale, a 800 giorni dal massacro guidato da Hamas. “Chiediamo al governo israeliano di smettere di eludere, di rimandare, di insabbiare”, occorre ”istituire immediatamente una commissione d’inchiesta statale”, si legge nella lettera. “Chiediamo verità, giustizia e responsabilità”, prosegue il testo. “Se non volete assumervi le vostre responsabilità e non volete istituire una commissione del genere, come richiesto dalla maggioranza della nazione, lasciate i vostri posti e lasciate che sia la nazione a decidere”. Nella lettera i firmatari chiedono un’indagine trasparente che esamini ogni evento del 7 ottobre, tra cui “il crollo dei sistemi di difesa e di intelligence, le richieste di aiuto senza risposta, l’abbandono durato ore delle comunità di confine di Gaza e l’abbandono di civili e soldati all’inferno”.
Chiedono inoltre che l’indagine esamini “cosa è successo dal 7 ottobre: ​​il modo in cui sono state prese le decisioni durante i negoziati per il ritorno degli ostaggi, le ragioni dei ripetuti ritardi, il coordinamento tra politici e militari, le dichiarazioni e le azioni dei funzionari pubblici e il loro impatto sulla vita degli ostaggi, sulla loro salute mentale e fisica, il destino di coloro che sono stati presi vivi e sono stati assassinati in cattività, e la lunga attesa per il ritorno degli ostaggi deceduti alle loro famiglie”.

 

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