Secondo la società ricorrente, il giudicato formatosi dopo le sentenze del Tar del 2015 e del Consiglio di Stato del 2023 non sarebbe mai stato realmente rispettato dal Comune di Ardea. Una tesi che ha portato a un nuovo ricorso davanti ai giudici amministrativi, con l’accusa rivolta all’ente di aver mantenuto una posizione di sostanziale inerzia, lasciando di fatto immutata la destinazione urbanistica dell’area. È vero che nel corso degli anni l’amministrazione comunale aveva avviato una variante urbanistica e che un primo giudizio di ottemperanza si era concluso con la nomina di un commissario ad acta, chiamato a sostituirsi al Comune per garantire l’esecuzione della sentenza. Tuttavia, secondo la società, l’intero procedimento si sarebbe arenato: la variante non avrebbe completato il proprio iter e il terreno continuerebbe a essere vincolato dalla vecchia destinazione a servizi pubblici, ormai decaduta e priva di efficacia. Da qui la decisione di tornare davanti al Tar, sostenendo che il Comune non avrebbe dato concreta attuazione a quanto stabilito dai giudici e chiedendo un nuovo intervento per “forzare” l’amministrazione a conformarsi definitivamente al giudicato. Il Tribunale amministrativo, però, ha ricostruito la vicenda in modo differente. Secondo i giudici, non può parlarsi di totale inerzia dell’ente: il Comune ha infatti avviato i procedimenti richiesti, attivando una variante urbanistica e dando seguito, seppur con tempi lunghi e complessità procedurali, agli obblighi derivanti dalle precedenti sentenze. Elementi che, per il Tar, escludono la sussistenza dei presupposti per un nuovo giudizio di ottemperanza fondato sull’inazione dell’amministrazione. Una decisione che, almeno per ora, chiude un ulteriore capitolo di una controversia urbanistica decennale, confermando come la partita sulla destinazione dell’area si giochi ancora sul piano amministrativo e pianificatorio, più che su quello giudiziario.






