La vicenda affonda le sue radici nel Piano regolatore generale di Ardea, approvato nel lontano 1984, un impianto urbanistico che ancora oggi continua a produrre effetti e contenziosi. Su un lotto di proprietà della società ricorrente era stata infatti impressa una destinazione urbanistica a “servizi pubblici”, una scelta che, secondo quanto accertato già dieci anni fa dai giudici amministrativi, aveva determinato un effetto sostanzialmente espropriativo, senza però che fosse mai stato avviato un concreto procedimento di esproprio. Proprio per questa ragione, nel 2015 il Tar del Lazio aveva accolto il ricorso della società, annullando il diniego opposto dal Comune di Ardea alla richiesta di riqualificazione dell’area. Con quella sentenza, i giudici avevano imposto all’amministrazione comunale di tornare a pronunciarsi sul destino del terreno, rivalutandone la destinazione urbanistica alla luce della situazione reale dei luoghi e delle normative nel frattempo intervenute. Una pronuncia destinata a segnare un passaggio chiave nel lungo contenzioso e che è diventata definitiva solo diversi anni dopo, con la conferma arrivata dal Consiglio di Stato nel 2023. Nonostante ciò, l’applicazione concreta di quel giudicato è rimasta al centro di nuove contestazioni, alimentando un confronto giudiziario che continua ancora oggi a intrecciarsi con la più ampia e complessa revisione del Piano regolatore comunale.






