lunedì, Dicembre 29, 2025

Netanyahu in Florida da Trump per Gaza: sul tavolo Iran, Libano, Siria e il nodo Somaliland. Tensione al confine libanese

Benyamin Netanyahu è arrivato in Florida per un incontro cruciale con Donald Trump, destinato a segnare un nuovo passaggio nella gestione del conflitto in Medio Oriente. Al centro del faccia a faccia, previsto nella residenza dell’ex presidente americano, c’è la cosiddetta “fase due” del piano di pace per Gaza: una fase politicamente delicata, che dovrebbe affrontare il futuro assetto dell’enclave palestinese dopo mesi di guerra, il ruolo di Hamas e le garanzie di sicurezza per Israele. Ma Gaza non sarà l’unico dossier sul tavolo. L’agenda dei colloqui è ampia e densa di nodi geopolitici. A partire dall’Iran, considerato da Tel Aviv la principale minaccia strategica, sia per il programma nucleare sia per il sostegno ai gruppi armati attivi nella regione. Netanyahu intende fare il punto con Trump sulle possibili mosse diplomatiche e militari per contenere Teheran, in un momento in cui le tensioni regionali restano altissime. Altro capitolo sensibile riguarda il Libano e Hezbollah. Proprio mentre il premier israeliano atterrava negli Stati Uniti, dal confine nord di Israele arrivavano nuove notizie di tensione: le forze israeliane hanno sparato alcuni colpi lungo la linea di demarcazione, ferendo un peacekeeper della missione ONU Unifil. L’episodio rischia di alimentare ulteriormente lo scontro a bassa intensità che da mesi oppone Israele al movimento sciita libanese, alleato dell’Iran, e che viene monitorato con crescente preoccupazione dalla comunità internazionale. Nel colloquio con Trump si parlerà anche della Siria, in particolare dello stato dei negoziati per un accordo di sicurezza con il nuovo governo guidato da Ahmad Al-Sharaa. Israele guarda con estrema cautela alla transizione siriana, cercando garanzie concrete sulla stabilità dei confini e sul contenimento delle milizie ostili attive nel Paese. Non meno controverso è il tema del Somaliland. Il recente riconoscimento da parte di Israele – primo Paese a compiere questo passo – ha provocato una durissima reazione internazionale e non ha suscitato particolare entusiasmo neppure nello stesso Trump, secondo fonti vicine all’entourage dell’ex presidente. La mossa di Tel Aviv viene letta come un tentativo di rafforzare nuove alleanze strategiche nel Corno d’Africa, ma rischia di aprire nuovi fronti diplomatici. Mentre Netanyahu si muove sullo scacchiere internazionale, in Europa si accende un altro riflettore sulla rete di sostegno a Hamas. In Italia, un’operazione congiunta di Polizia di Stato e Guardia di Finanza ha portato all’arresto di nove persone accusate di aver finanziato l’organizzazione terroristica islamica con oltre sette milioni di euro. Secondo gli inquirenti, i fondi sarebbero stati raccolti e trasferiti attraverso tre associazioni di beneficenza. Tra i fermati figura anche Mohammad Hannoun, presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia, indicato dagli investigatori come il “capo della cellula” italiana. Un intreccio di diplomazia, sicurezza e operazioni antiterrorismo che conferma come il conflitto in Medio Oriente continui a produrre effetti ben oltre i confini della regione. L’incontro tra Netanyahu e Trump si annuncia così come un passaggio chiave non solo per il futuro di Gaza, ma per l’intero equilibrio strategico dell’area.

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