lunedì, Aprile 29, 2024

La pizza, eccellenza italiana nel mondo

di Francesco Rossi

Una delle cose che accomuna tutti gli abitanti del mondo è l’accostamento automatico fra l’Italia e la pizza. Si tratta di uno dei piatti più noti e amati del pianeta, imitato più o meno bene da tutti, che si è diffuso grazie alla grande emigrazione dei nostri concittadini nei secoli precedenti. La storia di questo piatto è lunga e complicata, oltre che non del tutto certa. L’etimologia della parola, prima di tutto, è tuttora in dibattito: molti la fanno risalire ad una storpiatura della parola “pinsa”, derivante dal latino pansere, cioè schiacciare, allungare. Per altri deriva dalla greca “pita” o dal germanico, dove pizzo significa morso o focaccia, cosa che non sorprende, vista la forte presenza longobarda nella storia del nostro paese.
In ogni caso, è certo che già nel XVI secolo a Napoli si usava questo nome per definire un tipo di focaccia di pane schiacciata e, successivamente, condita con ingredienti quali olio, aglio, salumi o piccoli pesci. La versione più simile a quella che conosciamo oggi nacque con la scoperta delle Americhe, da dove i pomodori provengono, e con la commercializzazione su larga scala di questo vegetale, successivamente diventato un simbolo della nostra cucina. Si è sempre trattato di un cibo di strada, e fino al 1830 veniva venduta solo in bancarelle ambulanti, cosa che viene tutt’ora fatta dalle principali pizzerie napoletane, anche se la Pizza Margherita è stata realizzata al fine di omaggiare la regina d’Italia Margherita di Savoia, riprendendo i colori della bandiera.

Anche se l’offerta di locali dove consumarla o che effettuano consegne a domicilio abbonda, bisogna sempre stare attenti alla qualità degli ingredienti e alla lavorazione. Per fare qualche esempio, l’utilizzo di prodotti tipici del territorio, il rispetto dei tempi di lievitazione e l’uso di pasta madre sono degli aspetti fondamentali che devono essere presenti per un ottimo risultato finale. Le alternative sono davvero tantissime, anche se per alcuni grandi pizzaioli napoletani, i cosiddetti puristi della pizza, esistono solo due versioni che possono essere chiamate tali: la marinara e la margherita. Questa semplicità non è condivisa, molto spesso, dagli italiani nati in altri paesi. Negli Stati Uniti, per esempio, si incontrano spesso pizze che farebbero inorridire qualsiasi napoletano, con bordi ripieni o con condimenti improbabili. Famosa fra tutte la cosiddetta pizza hawaiana, cioè quella condita con ananas.

Oggigiorno, si possono trovare ottimi ambasciatori delle migliori pizzerie napoletane nelle principali città italiane, come Roma e Milano, che sempre più spesso offrono anche consegne direttamente a casa, in ufficio o in università, non più attraverso i classici pony ma grazie a siti o app come Deliveroo, che hanno permesso alle consegne a domicilio di entrare nel 21esimo secolo. Anche la ricetta della pizza si sta adattando alle necessità, questa volta alimentari, del nostro secolo, ed è possibile incontrare versioni della pizza adatte a celiaci e vegani, grazie all’uso di farine senza glutine o di alternative vegetali alla mozzarella. Fare felici tutti con una buona pizza non è mai stato così semplice. La pizza è entrata anche più volte nel Libro dei Record, per esempio con la pizza più lunga mai realizzata al mondo, realizzata ovviamente a Napoli: ben 1853,88 metri, tutti prodotti a partire da farina certificata STG e altri ingredienti selezionati. Ma il record della pizza più grande mai prodotta non spetta all’Italia, visto che appartiene al Sudafrica: nel 1990 fu realizzata una margherita dal diametro di ben 37 metri!
L’espressione pizza napoletana, data la sua importanza nella storia o nel territorio, viene usata in alcune regioni come sinonimo per pizza tonda. Le prime notizie riguardo alla Pizza Napoletana vengono fatte risalire al periodo che va dal 1715 al 1725. Vincenzo Corrado alla metà del Settecento scrisse un pregevole trattato sulle abitudini alimentari della città di Napoli, in cui osservò come fosse costume del popolo condire la pizza ed i maccheroni con il pomodoro. L’associazione di questi prodotti e le sue osservazioni diedero di fatto inizio alla fama gastronomica della città di Napoli ed attribuirono al Corrado un ruolo importante nella storia della gastronomia.
Quelle stesse osservazioni costituiscono la data di nascita della Pizza Napoletana, un sottile disco di pasta condito con pomodoro. Le prime pizzerie comparvero a Napoli nel corso del XVIII secolo e fino alla metà del XX secolo esse furono un fenomeno esclusivo di quella città. A partire dalla seconda metà del Novecento le pizzerie si sono diffuse ovunque nel mondo, sempre con il termine di Pizza Napoletana.
Per versare l’olio, i pizzaioli tradizionali utilizzano l’agliara, un contenitore in rame, internamente stagnato, con il becco lungo e stretto, in modo da far fuoriuscire un filo d’olio sottile e continuo.
Per infornare e governare la pizza in forno si utilizzano due pale a manico lungo: una più larga, di forma quadrata, dove la pizza viene stesa cruda e con la quale la pizza viene infornata, ritirandola con un rapido colpo di braccio. Questa pala era tradizionalmente in legno, ma per motivi igienici è stata recentemente sostituita da una versione in alluminio. Un’altra pala più piccola, tonda e di ferro, usata per far ruotare la pizza nel forno in modo da farla cuocere uniformemente su tutti i lati.

Redazione
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