domenica, Maggio 5, 2024

Pressione fiscale in crescita, quella percepita è ormai al 48,3%. Ecco il report della Cgia di Mestre

Malgrado le rottamazioni, le rateizzazioni, gli sconti ed una possibile ‘pace fiscale’, di cui tanto si scrive ma nulla su sa, gli italiani possono mettere nel conto, nella parte rossa, ovvero quella delle uscite, un nuovo aggravamento della pressione fiscale che arriva ad attestarsi alla cifra incredibile del 48,3%. Si tratta di pressione fiscale ‘reale’ che vola di molti punti su quella reale (+6,1%). Queste stime sono state elaborate, ancora una volta, puntualmente dall’ufficio studi della Cgia di Mestre che in una nota, riporta l’esito dell’ultimo monitoraggio sull’andamento delle percentuali legate alla tassazione. E anche se il dato della pressione risulta "in calo rispetto agli anni precedenti", il peso complessivo del fisco "rimane comunque ad un livello insopportabile", prosegue il report Cgia, per il quale starebbe soprattutto in questo il motivo del malcontento espresso in questi mesi dalle aziende del Nordest. ’’Se alle troppe tasse aggiungiamo il peso oppressivo della burocrazia, l’inefficienza di una parte della nostra pubblica amministrazione e il gap infrastrutturale che ci separa dai nostri principali competitori economici, non c’è da stupirsi che serpeggi un certo malessere soprattutto tra gli imprenditori del Nordest. Tra le altre cose, a causa di tutte queste criticità, continuiamo a rimanere il fanalino di coda in Ue per quanto riguarda gli investimenti diretti esteri’’ spiega il coordinatore Cgia Paolo Zabeo.
2019 – Brutte notizie anche per il 2019 anno in cui, dice ancora il rapporto, la pressione fiscale potrebbe tornare ad aumentare sia perché la crescita del Pil è data in frenata da tutti gli organismi internazionali, sia a seguito di un possibile aumento del prelievo fiscale. "Nel caso, infatti, non si dovessero trovare 12,4 miliardi di euro, dal 1 gennaio 2019 l’aliquota Iva, attualmente al 10%, salirebbe all’11,5%; altresì, quella attuale del 22% schizzerebbe addirittura al 24,2%" ricorda ancora la Cgia, per la quale "è molto probabile" che per il 2019 si dovrà nuovamente mettere mano ai conti pubblici "per quasi 10 miliardi", oltre a dover reperire circa 2 miliardi di euro per il rinnovo del contratto di lavoro degli statali, ulteriori 500 milioni di spese ’’indifferibili’’ e altri 140 milioni per evitare l’aumento delle accise sui carburanti a partire dal 1 gennaio 2019.
PRELIEVO – Un panorama che per la Cgia potrebbe anche profilare la necessità del governo di ricorrere all’aumento del prelievo fiscale. "Viste le difficoltà incontrate con il decreto dignità – conclude il rapporto – non è da escludere che almeno una parte di questi 25 miliardi di euro possa essere finanziata attraverso un incremento del prelievo fiscale. Un’ipotesi che l’esecutivo ha scartato da tempo, ma che potrebbe essere costretto a ricorrere in mancanza di alternative".
PIL – Il dato sulla pressione fiscale stimata comunque, spiega ancora la nota Cgia, si basa su il calcolo di un Pil nazionale che include anche l’economia non osservata, riconducibile alle attività irregolari che, non essendo conosciute al fisco, almeno in linea teorica non versano né tasse, né imposte e né contributi. E secondo l’Istat, prosegue la nota, l’economia non osservata nel 2015 ammontava a 207,5 miliardi di euro (pari al 12,6 per cento del Pil); di questi, quasi 190,5 miliardi erano attribuibili al sommerso economico e gli altri 17 alle attività illegali. Per gli anni 2016, 2017 e 2018 l’Ufficio studi della Cgia ha ipotizzato che il sommerso economico e le attività illegali incidano sul Pil nella stessa misura del 2015. E siccome la pressione fiscale ufficiale è data dal rapporto tra le entrate fiscali/contributive e il Pil prodotto in un anno, nel 2018 questa è destinata a scendere al 42,2% al lordo del bonus Renzi.
SOMMERSO – "Tuttavia – prosegue la Cgia – se ’togliamo’ dalla ricchezza prodotta la quota addebitabile al sommerso economico e alle attività illegali che, almeno in linea teorica, non producono nessun gettito per l’erario, il Pil diminuisce (quindi si riduce il denominatore) facendo aumentare il risultato che emerge dal rapporto". Pertanto, conclude, "la pressione fiscale ’reale’ che grava su lavoratori dipendenti, sugli autonomi, sui pensionati e sulle imprese che pagano correttamente le tasse è superiore a quella ufficiale di 6,1 punti: per l’anno in corso è destinata ad attestarsi al 48,3%".

Redazione
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