giovedì, Marzo 28, 2024

Il governatore Luca Zaia smentisce le voci che lo vorrebbero a Roma per un incarico: “Rimango nel mio Veneto”

Tra un ruolo a Roma, nel governo centrale, e il Veneto “scelgo il Veneto, non c’è dubbio. Io sono concentrato sul Veneto e ho un impegno con i veneti. Punto”. Parla Luca Zaia sulle voci di chi lo vedrebbe bene a Roma, dopo la gestione dell’emergenza Covid in Veneto. “Peraltro, ringrazio tutti per il sostegno e per il calore, ma debbo dire anche una cosa: dopo la gloria viene sempre l’invidia, dunque mi crea solo un problema” le voci in direzione governo. “Io ho altri pensieri alla mia vita, resto fermo in Veneto”, assicura il governatore. E sulla Lega, “non ho né mire romane né mire di scalate politiche nel partito. Con Salvini ho rapporti ottimi”. Il Veneto locomotiva d’Italia messo in ginocchio dal lockdown? “I veneti hanno una resilienza unica, sono come un formicaio: lo puoi distruggere, ma rinasce subito dopo. I nostri cittadini andavano in piazza non per avere il reddito di cittadinanza, ma per tornare a riaprire l’attività e tornare a lavoro”. Su quanto ci vorrà per uscire dalla crisi innescata dal Covid-19, “intanto ci vuole che non esista l’ufficio complicazione affari semplici, cioè che da Roma non ci incasinino la vita. È questa è la prima cosa. Dopodiché, conosco i veneti e mi fido di loro”. La minaccia di tornare a chiudere davanti all’immagine della movida? “Non è una minaccia, è una constatazione, noi abbiamo degli indicatori sanitari eccezionali, abbiamo solo 44 persone in terapia intensiva, delle quali la metà sono ‘corona free’, perché si sono negativizzati. Con queste aperture, abbiamo trasferito la responsabilità dagli ospedali alle persone, ognuno è responsabile della cura. Se ci comportiamo male, è inevitabile che si torni negli ospedali, che tornino i ricoveri. Non bisogna abbassare la guardia, c’è qualcuno che non ha capito che il virus c’è ancora”. A chi gli chiede se sia arrabbiato per le immagini degli spritz nel centro di Padova, “la mia – spiega – è una via di mezzo tra rabbia e incomprensione del fatto che ci siano persone che davanti a 1.820 morti non si rendono conto di cosa sia accaduto. Poi c’è un altro aspetto. Noi abbiamo reso obbligatorio l’uso della mascherina almeno fino al 2 giugno, ma la mascherina viene vissuta come un atto di coercizione, di imposizione. Penso sia un problema di una cultura strisciante per cui ogni regola nasconde dietro sé un grande fratello, ma finiamola con i complottisti e i terrapiattisti, il paese non può crescere con questa mentalità”. “Per Venezia – ricorda il governatore – è stato un annus horribilis, tra incidenti navi da crociera, acqua alta e emergenza Covid sono mesi che non tocca più palla. Per la Biennale so che il presidente Cicutto sta spingendo moltissimo per ripartire, noi siamo pronti per far come e meglio di prima. Noi in Veneto abbiamo una bella macchina del turismo e siamo pronti a ripartire, certo ci aspettiamo anche una bella promozione del turismo a livello centrale”. “Le spiagge da me sono già aperte, io ho aperto tutto, siamo la realtà più importante a livello nazionale per il turismo, facciamo 70 milioni di presenze e 18 miliardi di fatturato. Il turismo è la prima industria in Veneto, è essenziale che il motore si rimetta in moto prima possibile”. A causa del Covid, continua il governatore, “ho visto tante persone che son morte e non son potuto andare nemmeno ai funerali. Potrei citarti i due più grandi ristoratori che abbiamo qui in Veneto, Arturo Filippini e Antonio Palazzi. Tante, tantissime tragedie. 1.820 morti è una perdita enorme per una persona che, come me, ne conosce tante. E resta il rammarico di non aver potuto rivolgere un ultimo saluto, andare ai funerali”. Sull’operato del governo in emergenza Covid-19 “non voglio fare polemiche, dico che è stata un’emergenza terribile. All’esecutivo, se faccio un j’accuse, è che ha degli esponenti che, maldestramente e poco rispettosamente, sia in piena crisi che ora, continuano a dire che occorre centralizzare la sanità. E’ un pensiero strisciante: è evidente che a Roma vivono l’autonomia come una sottrazione di potere, mentre è un’assunzione di responsabilità”, spiega ancora Zaia. “L’Italia esce dal Medioevo – prosegue – se fa una scelta federalista importante e di revisione dell’assetto istituzionale, solo questo può condurla a un nuovo Rinascimento, altrimenti il centralismo ci farà sprofondare”. Sull”incidente’ nella notte tra sabato e domenica con il governo, quando l’intesa sul Dpcm è stata a un passo dal saltare, “io credo nel rapporto tra le istituzioni, qualsiasi governo da me ha sempre avuto leale collaborazione. Non voglio fare letture malevole di quanto avvenuto, però in un leale rapporto tra istituzioni non deve accadere. Se si fa un’intesa e poi il testo non è in linea, l’accordo viene disatteso, si viene meno all’accordo. Per me non esiste”. Per Zaia “deve finire questa storia del Nord contro il Sud e del Sud contro il Nord. La verità è che noi vogliamo l’autonomia, ma un paese autonomo deve puntare al riscatto di tutte le comunità, non avrebbe senso con una parte del paese che non ce la fa. Rientra nel modello autonomista la solidarietà e la sussidiarietà nazionale”. E a chi gli domanda cosa sarebbe accaduto se fosse stato il Meridione il più colpito dal virus, “le regole del lockdown sono definite dell’Oms – replica – e aver anticipato le chiusure per molte regioni del sud ha consentito di mettere in sicurezza anche quelle comunità”. E sui rapporti con il governatore lombardo Attilio Fontana, con cui non sono mancati i dissidi in tempi di Covid-19, Zaia assicura “sono ottimi. Al di là di quel che emerge, noi siamo obbligati a concentrarci sui nostri problemi, Io seguo il Veneto, lui segue la Lombardia, ciascuno tutela e difende il suo territorio”. Con il premier Giuseppe Conte, invece, “non ho rapporti, personalmente non lo sento forse da un mese e mezzo. Lo sentivo quando eravamo in piena emergenza Covid, posso dire che abbiamo normali rapporti istituzionali”. L’app di tracciamento Immuni? “Ma esiste? Non ne abbiamo più sentito parlare, nemmeno nelle riunioni ufficiali se ne fa parola, non so nemmeno se sia stato chiarito l’aspetto della privacy, che è il vero tema”, dice ancora il governatore, che continua: “Il governo ha sottovalutato un aspetto – prosegue Zaia – il cittadino è inquietato, a ragione o a torto, dal tema della privacy e dell’utilizzo dei dati. Il governo doveva tranquillizzare, mentre aver lasciato aperto il dibattito ha creato l’effetto contrario. Ci sono varie realtà, anche sui social, che invitano a non scaricarla. Io non ne ho più sentito parlare, nemmeno nelle riunioni col governo, mentre un app così impattante deve avere una gestione chiara, ogni dubbio va fugato. E’ evidente non sia stato fatto nulla in tal senso”. Zaia è stato il ministro che ha promosso lo ‘sciopero dell’ananas’ a favore delle arance di Sicilia e delle mele della Val di Non, il brindisi di Capodanno con spumante rigorosamente italiano, mettendo al bando lo champagne, “dunque penso di avere il titolo per farlo, lanciare un appello per consumare prodotti italiani, un modo per uscire dalle secche” in cui l’emergenza Covid-19 ha ridotto l’economia del nostro Paese. “Penso debba partire una chiamata di popolo a km 0 – dice il presidente veneto – per aiutare i contadini, i prodotti italiani. Un appello che è nelle mie corde: il ministero dell’Agricoltura resta il mio primo amore. Ora è fondamentale aiutare gli agricoltori, l’identità dei territori senza sottovalutare un aspetto altrettanto fondamentale, la sicurezza alimentare”.
Redazione
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