venerdì, Marzo 29, 2024

Coronavirus, lo stop all’asporto nei bar alle 18 i locali milanesi perdono il 50% dei guadagni

Lo stop all’asporto nei bar alle 18, che sta per essere introdotto dal Governo con le nuove misure anti-Covid in vigore da domani, colpisce duramente i pubblici esercizi, in particolare a Milano città. Il dato emerge dal sondaggio (con risposte da 407 imprese del settore) realizzato fra mercoledì e giovedì da Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza con Epam (l’Associazione dei pubblici esercizi) e i risultati elaborati dall’Ufficio Studi. Per i bar la perdita media ulteriore di fatturato sarà del 46%. Più alta a Milano, del 50%, rispetto a Lodi (45%), hinterland milanese (40%) e Monza Brianza (38%). Dalle risposte per tipologia d’esercizio, la perdita ulteriore di fatturato con lo stop all’asporto alle 18, sale al 59% per i locali più attivi nelle ore serali. La restrizione sull’asporto, afferma una nota, arriva in una situazione drammatica per tutti i pubblici esercizi: nel dicembre 2020 il fatturato scende del 71% in tutte le attività rispetto al dicembre del 2019. Le perdite maggiori le indicano i bar-locali più attivi la sera e i ristoranti: -77 e -76%. A Milano città i pubblici esercizi hanno perso a dicembre il 75% del volume di affari (Lodi il 69%, hinterland milanese il 66%, Monza Brianza il 64%). Nei pubblici esercizi si alza notevolmente, dal 67 all’86%, la quota di operatori che ritiene la propria attività a rischio chiusura (il confronto è con le risposte della categoria date in un sondaggio effettuato a settembre): il 91% a Milano città (Lodi 86%, hinterland milanese e Monza Brianza l’81%). Infine il dato sui contributi, dei decreti Natale e Ristori, giunti al 73% delle imprese. Il 27% non li ha ancora ricevuti (29% per ristoranti e pizzerie). “I dati – afferma Lino Stoppani, presidente di Epam (Associazione pubblici esercizi Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza) e Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi Confcommercio) – evidenziano ancora una volta le grandi difficoltà del settore, danneggiato dall’evoluzione della pandemia che trasferisce danni aggiuntivi ad un comparto letteralmente al collasso, mettendo a rischio il modello del pubblico esercizio italiano, diffuso e qualificato. In aggiunta, questo ‘accanimento normativo’ crea confusione, ha scarsa efficacia sanitaria e impedisce qualsiasi programmazione sul futuro delle imprese, alimentando, oltre ai danni economici, preoccupazione, disagi, disperazione, che hanno effetti anche sulla coesione sociale del Paese”.
Redazione
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