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mercoledì, Ottobre 9, 2024

Musica, cinquant’anni fa “Who’s next”, il rock immortale di Pete Townshend

di Alessandro Ceccarelli

Sono passati cinquant’anni dalla sua pubblicazione, eppure “Who’s next” dei britannici The Who rimane uno degli album fondamentali della storia del rock. Il suo impatto, il suo sound e la sua spiccata creatività colpiscono ancora oggi l’ascoltatore. Anche l’irriverente copertina che sembra essere una presa in giro al monolite di “2001 odissea dello spazio” di Kubrick rientra dell’ironia scanzonata del quartetto inglese. L’album si apre con la celebre “Baba O’Riley”, che include piano e sintetizzatore processato da Townshend. Il titolo della canzone è un omaggio al guru di Townshend, Meher Baba, e al compositore minimalista Terry Riley. La traccia d’organo proviene da un nastro demo più lungo di Townshend, porzioni del quale saranno inserite in seguito nell’album tributo a “Baba I Am”. “Behind Blue Eyes” include un’armonia in tre parti cantata da Daltrey, Townshend ed Entwistle e venne scritta per l’antagonista principale in Lifehouse, Brick. Il batterista, stranamente, non suona nella prima metà della traccia, fatto che venne in seguito descritto dal biografo degli Who Dave Marsh come “il periodo di tempo più lungo di assenza di Keith Moon in tutta la sua vita”. La traccia di chiusura, Won’t Get Fooled Again, era un atto di critica verso le rivoluzioni, di qualsiasi tipo. Townshend spiegò: “Una rivoluzione è una rivoluzione solo a lungo termine, e un sacco di persone si fanno male nel frattempo”.
The Who, il rock allo stato puro
Pete Townshend, 76 anni e Roger Daltrey, 77 anni, sono gli unici ‘superstiti’ degli Who, una delle rock band più importanti di sempre. Quest’anno ricorre uno storico anniversario: dopo Beatles e Rolling Stones, il gruppo mod per eccellenza compie i suoi primi cinquant’anni. All’appello mancano gli altri storici fondatori della band: Keith Moon, l’eccentrico e selvaggio batterista morto a soli 32 anni nel 1978, e lo straordinario bassista e polistrumentista John Entwistle, deceduto a 58 anni nel 2002. Il loro primo singolo, “I Can’t explain” uscì nel dicembre del 1964 e raggiunse l’8° posto in Gran Bretagna. Hanno venduto complessivamente oltre cento milioni di dischi in tutto il mondo. A differenza dei loro coetanei e ‘rivali’ Beatles e Rolling Stones, gli Who soprattutto dal vivo avevano un impatto e un’energia incredibile: la loro musica era l’evoluzione allo stato puro del rock’n’roll. Nelle canzoni degli Who era quasi del tutto assente la matrice blues cara al primo periodo degli Stones, o le contaminazioni ‘progressive’ dell’ultimo periodo dei Beatles. Il sound espresso da Townshend e compagni era esplosivo, era saturo di una ‘rabbia’ che veniva dalle origini proletarie dei quattro componenti della band. Il loro era anche un rock molto ‘fisico’, fatto di pose e gesti che hanno fatto la storia dell’iconografia della musica giovanile dagli anni ’60 in poi. Nell’iconografia degli Who era molto importante il ‘rito’ selvaggio di distruggere strumenti e amplificatori: un gesto di rottura altamente simbolico ripreso poi da Jimi Hendrix e da tante altre star del rock. La loro performance al Festival di Woodstock del 1969 fu straordinaria e indimenticabile con l’esecuzione di alcuni brani dallo storico album “Tommy”.
Redazione
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