venerdì, Aprile 26, 2024

Lamberto Ramazzotti chiede i danni ai Tidu e al social mondiale Facebook

di Alberto Sava
In un’aula del tribunale di Perugia, camera penale, si è aperta, e conclusa con un rinvio per legittimo impedimento al 20 maggio 2022, la prima udienza della causa per diffamazione a mezzo stampa, conseguenza delle sentenze emesse dai giudici del tribunale di Civitavecchia per il cosiddetto Processo Tidu, conclusosi con l’assoluzione con formula piena di due degli imputati, e con la formula della prescrizione per altri due. Lamberto Ramazzotti, esponente politico di Cerveteri finito sul banco degli imputati a Civitavecchia ed assolto con formula piena, si è costituito parte civile, unitamente ai magistrati che hanno redatto la sentenza. Per i procedimenti in cui sono coinvolti togati, il tribunale di competenza è Perugia. Nell’aula del tribunale umbro, Ramazzotti è assistito quale parte civile, con conseguente richiesta di risarcimento, dall’avv. Fabrizio Lungarini. La particolarità di un procedimento fin troppo ovvio, date le accuse giudicate false in tribunale, è che è stato citato in giudizio per risarcimento anche il colosso mondiale Facebook, che risulta aver pubblicato alcune dichiarazioni video diffamatorio diffuse dagli imputati. E’ la prima volta che in un processo per diffamazione a mezzo stampa, riferito ad accadimenti verificatisi in questo territorio, viene chiamato sul banco degli accusati anche il più grande social network del mondo, che mette in contatto miliardi di persone in tutto il pianeta. A Perugia si è aperto un processo che porta in primo piano la delicatezza e la vulnerabilità della comunicazione planetaria, e soprattutto la prudenza con cui andrebbe maneggiata la tastiera, che troppo spesso viene incautamente fatta roteare come una clava da irreprensibili cittadini che, all’ombra del monitor commettono dei veri e propri reati, con la scusa di imporre i propri presunti incontestabili dogmi, rispetto allo scibile umano. L’interconnessione tra persone, o gruppi di persone, lascia erroneamente presupporre un presunto anonimato, ed un’altrettanta presunta impunità, per comportamenti invece socialmente inaccettabili e da perseguire. Facebook sul banco degli imputati a Perugia per una causa per diffamazione a mezzo stampa, ricordiamo reato penale, con richiesta di risarcimento danni, è da seguire anche per le possibili nuove frontiere normative e per l’intreccio di competenze e giurisdizioni di amministrazioni giudiziarie e territoriali internazionali, diverse tra loro, connesse alla statura mondiale di Facebook. Il nocciolo della causa di Perugia è riconducibile al processo di Civitavecchia per fatti accaduti anni fa, fatti che riassumiamo come li hanno riportati le cronache di quegli anni. “Due assoluzioni con formula piena e due prescrizioni nel processo sulla tentata concussione a Cerveteri. Per il Collegio giudicante di Civitavecchia, presieduto da Antonella Capri, il fatto non sussiste per Lamberto Ramazzotti, consigliere comunale ed ex sindaco dal 1993 al 1997 e per Franco Granata, ex dirigente all’Urbanistica, imputato per falso in atto pubblico. Differente il verdetto per Gino Ciogli, alla guida del comune etrusco dal 2008 al 2011, e per Antonio Galosi, ex consigliere comunale: la Corte ha stabilito la «prescrizione». Erano finiti a processo per tentata concussione. L’inchiesta partì dall’esposto dei fratelli Tidu, che poco prima avevano avanzato in Comune la richiesta per un permesso edilizio a Passo di Palo. La magistratura aveva ipotizzato che il piano si sarebbe sbloccato solo in cambio di una tangente. A febbraio 2014, il gup accolse le richieste, rinviando tutti a giudizio. Fino all’epilogo. «La verità è venuta a galla – si sfoga Ramazzotti – Un pm serio, giudici onesti e preparati ma soprattutto il mio avvocato Fabrizio Lungarini che ha smontato le calunnie e la trama politica che c’era dietro. Oggi torno a credere nella giustizia, nessuno potrà restituirmi le sofferenze. Quelli che hanno partecipato a dire il falso solo per farmi male, pagheranno in sede penale e civile». Arriva il commento anche di Gino Ciogli: «Sono indignato, a fine febbraio verrà pubblicata la sentenza e assieme al mio avvocato decideremo il da farsi». Sulla questione interviene Antonio Pizzuti, legale di Granata: «Il mio assistito ne ha risentito. Sin dall’inizio era emerso che fosse estraneo ai fatti e all’oscuro di tutto perché aveva emesso solo un parere tecnico. Non era neanche da portare a processo. Tuttavia, siamo soddisfatti e con noi anche la collega Claudia Trippanera”. Questa la sintesi dei fatti processati a Civitavecchia, unitamente all’atmosfera e alle dichiarazioni di allora che contestualizzano e fanno da sfondo alla causa per risarcimento appena iniziata a Perugia, vicenda che vede coinvolto anche Facebook.
Redazione
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