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Marius Alin Marinica che causò l’incidente di 4 ragazzi a Jesolo è stato scarcerato dopo sei giorni ed è tornato agli arresti domiciliari

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Marius Alin Marinica, che causò l’incidente di 4 ragazzi a Jesolo, è stato scarcerato dopo sei giorni ed è tornato agli arresti domiciliari. La procura generale di Venezia – riportano i quotidiani locali – ha accolto il ricorso del legale dell’uomo, riconoscendo un errore nei termini di notifica dell’ordinanza di carcerazione, che erano scaduti da 24 ore. Il Tribunale di Sorveglianza di Venezia dovrà ora decidere sulla liberazione anticipata e la messa alla prova di Marinica, per scontare gli ultimi quattro anni di pena in lavori di pubblica utilità. Il 30enne è stato condannato in via definitiva a otto anni di reclusione per l’incidente mortale del 2019 nel quale persero la vita quattro giovani di Musile di Piave (Venezia).
L’incidente
L’incidente avvenne nella notte tra il 13 e il 14 luglio 2019, lungo la strada regionale 43, a causa di un sorpasso, alla velocità di 100 chilometri orari, durante il quale la Golf di Marinica urtò contro la fiancata della Ford Fiesta dei quattro ragazzi, facendola finire fuori strada.
Le vittime
Le giovani vittime sono tre ragazzi e una ragazza, tutti 22enni e originari della zona di San Donà di Piave: Riccardo Laugeni, Leonardo Girardi, Eleonora Frasson e Giovanni Mattiuzzo. Si era invece salvata la quinta passeggera: Giorgia Diral. Libero dopo 6 giorni di carcere – Marinica era entrato nel carcere di Santa Maria Maggiore di Venezia il 14 ottobre. Il giorno prima, la Cassazione aveva confermato per l’uomo la condanna a 8 anni di reclusione per omicidio stradale. L’uomo deve scontare ancora 4 anni.
Le reazioni
“Siamo disorientati”, ha commentato l’avvocato che rappresenta le famiglie, Simone Zancani, come riporta la Repubblica. “Sono leggi giuste? E’ un Paese giusto quello che permette questo? – si chiede la mamma di di Riccardo Laugeni, Romina Ceccato, come riporta il Corriere del Veneto – Sì, l’assassino di mio figlio è uscito di galera secondo la legge italiana, ma forse allora la legge italiana non dovrebbe essere ‘uguale per tutti’, bisognerebbe cambiare quella frase che si legge nei tribunali: il responsabile della morte di quattro ragazzi non dovrebbe poter usufruire delle stesse possibilità di chi, magari, ha rubato un panino per fame”. “È vero, anche solo un giorno di carcere ha un valore simbolico. Ma così è una presa in giro: il colpevole vive qui, a Musile di Piave, a pochi passi da tutti noi, dalle famiglie che ha spezzato, ne abbiamo sopportato la vicinanza per tre anni, ora ci toccherà farlo per altri quattro, è una pugnalata continua”, aggiunge la donna, che poi promette: “Raduneremo le forze, mi appello a privati, ad associazioni, a tutti, perché ho imparato che un muro si abbatte solo se lo si aggredisce in tanti. Se sarà necessario andrò fino a Roma a protestare, d’altronde ho fondato un’associazione proprio per questo: la tragedia che abbiamo vissuto noi potrebbe sempre capitare a qualcun altro, dobbiamo provare a cambiare le cose prima che succeda”. “Quello a cui abbiamo assistito in queste ore è una vergogna giudiziaria. Mi ritengo garantista e, per questo, penso che se un soggetto venga ritenuto definitivamente colpevole debba pagare. La rabbia per quanto successo, non lo nascondo, è quindi tanta. Vorrei chiedere al procuratore e ai sostituti procuratori perché nelle dodici ore avute giovedì a disposizione non si sono ricordati di sottoscrivere l’ordine di carcerazione – dichiara al Gazzettino Erika Fischer, che, la notte dell’incidente tentò di salvare la vita dei ragazzi praticando loro il massaggio cardiaco -. Per le vittime è chiaro che non vi è giustizia e siamo il Paese nel quale chi ha ucciso quattro persone, e mai si è pentito, verrà premiato per un ritardo burocratico. In un periodo nel quale ogni giorno si verificano morti sulle strade, come può la giustizia mandare il messaggio che qualsiasi cosa succeda non si pagherà? E’ questo il messaggio che vogliamo mandare ai nostri giovani? E’ questo il mondo che vogliamo lasciare ai nostri figli? Mi sento disgustata, non perché avrei voluto vedere una persona in carcere ma perché chi sbaglia deve pagare”.

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