Per Francesco Lollobrigida, neoministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, è necessario “togliere il limite ai terreni incolti con un piano chiaro strategico di coltivazione” per un milione di ettari coltivabili. Quello che ci mette a disposizione l’Europa (ad oggi 200mila ettari di terreni a riposo) non basta”. Lollobrigida critica anche il Nutriscore (l’ipotesi di etichetta nutrizionale a semaforo al centro di un dibattito in Ue) e l’introduzione “di ogni strumento di classificazione dei prodotti pregiudizievole per l’agroalimentare italiano”.
Questa battaglia va di pari passo con la lotta ai falsi, l’Italian Sounding che “distorce miliardi di euro”. L’agricoltura, sottolinea il ministro “è no dei pilastri della nostra Nazione e il nostro obiettivo è tutelare l’economia agricola dalle aggressioni del mercato del falso rimettendo al centro il rapporto con il settore per proteggere la filiera e il concetto di cultura rurale”. Lollobrigida guarda anche all’innovazione, pone attenzione agli investimenti nella ricerca e alla tutela della biodiversità; intende stimolare il coordinamento con le Istituzioni europee “per limitare l’ esposizione alimentare del Continente nei confronti del resto del mondo” e dare impulso ai contratti di filiera per ridurre la forbice tra costo di produzione e prezzo di vendita del prodotto. Ma, sottolinea Lollobrigida, dobbiamo tornare ad avere più terreni da coltivare. “È necessaria una riforma della Politica agricola comune (Pac) che si liberi dall’ideologia intrinseca del Farm to Fork, perché la sensibilità ambientale è sentita anche in Italia e il nostro Paese può dire di avere una delle agricolture da sempre più sostenibili”. Questo piano nazionale di coltivazione è da attivare non solo per contrastare periodi di crisi ma da utilizzare anche nei momenti fertili. Fondamentali i ontratti di filiera chiari (finanziati nel Pnrr) che garantiscano al produttore un prezzo di vendita equo e competitivo. Basti pensare, ricorda Lollobrigida, che già prima della crisi, un litro di latte, che al produttore costa circa 48 centesimi, veniva pagato 38 centesimi mentre alla vendita al dettaglio sta tra 1 euro e trenta e i due euro. Squilibrio esistente anche per la carne. Sul fronte crisi più in particolare, è vero che l’agroalimentare italiano vale oltre 500 miliardi di euro e l’export nel 2021 ha registrato oltre 50 miliardi, ma è vero anche che poggia su un sistema “estremamente debole”. Negli ultimi dieci anni hanno chiuso oltre 26.000 stalle, pari al 50% del totale presente in Italia, fa notare il ministro, e alcuni agricoltori hanno sospeso la semina, nonostante ci sia penuria di grano e di mais perché i costi non sono sostenibili. In media generale, poi, saranno oltre il 30% le aziende che chiuderanno con un reddito negativo, mentre prima della crisi del 2022 le aziende con queste difficoltà erano il 7%. Senza contare la siccità contro la quale Lollobrigida parla di efficientamento delle risorse idriche attarverso un piano invasi, la riqualificazione e il potenziamento delle reti idriche. Ma anche la realizzazione di nuovi “e più potenti dissalatori”. Infine garanzia del reddito in agricoltura, anche nei confronti del mercato dei fattori produttivi e non solo in virtù di effetti calamitosi avversi, mentre sul concetto di sovranità’ alimentare, al centro di polemiche, ricorda che “esiste da oltre 25 anni”.