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giovedì, Ottobre 3, 2024

A Roma 16 giudici diversi si sono avvicendati nel corso delle 15 udienze di un processo

Un fatto, che rallenta e ostacola il procedimento, giudicato dagli avvocati penalisti di “inaudita gravità”. Al punto che la Camera penale di Roma ha proclamato per il 2 novembre l’astensione dalle udienze mentre l’Unione delle Camere penali, condividendo le ragioni della protesta, ha indetto lo stato di agitazione di tutta la categoria. Il processo in cui si sono avvicendati 16 magistrati diverso è a carico del clan camorristico Moccia.
Il processo contro il clan Moccia – Il processo in questione (diventato un iter senza fine visto l’avvicendarsi di un giudice diverso a ogni udienza) è scaturito da un’operazione del 2020 della Dda che portò al sequestro di alcuni ristoranti nel centro di Roma. Ma il procedimento contro il clan Moccia sta diventando l’esempio concreto di quanto i tempi esageratamente lunghi vadano poi a essere incompatibili con le basilari regole del giusto processo. Per questo gli avvocati difensori dei sei imputati (che sono accusati di estorsione e fittizia intestazione di beni aggravate dal metodo mafioso) hanno deciso di farsi sentire.
L’ultimo cambio – L’ultimo “cambio di giudice” nell’ambito di questo processo è avvenuto dopo la requisitoria in cui il pm aveva chiesto 19 anni di carcere per Angelo Moccia, considerato il capo del clan, mentre erano state chieste condanne dai 3 ai 12 anni per gli altri imputati. E nel corso delle arringhe difensive è subentrato un nuovo giudice.
I principi del giusto processo – “E’ semplicemente incompatibile con i più elementari principi del giusto processo, e prima ancora con le regole della logica e del buon senso, l’idea non solo che il giudice che pronuncia la sentenza sia diverso da quello che ha raccolto la prova, ma addirittura che il giudice possa mutare a ogni udienza istruttoria”, afferma l’Ucpi.
Appello al ministro Nordio – L’Unione delle Camere penali ha poi rivolto un appello al ministro della Giustizia Carlo Nordio: “E’ urgente un intervento normativo che, negando in radice restituisca in modo inequivoco e non soggetto a possibili, ulteriori manipolazioni interpretative, l’intangibile principio dell’immediatezza della decisione già inutilmente sancito dall’art. 525 cpp nella sua attuale formulazione”.
La richiesta dei penalisti – I penalisti chiedono anche di “affermare il principio per il quale qualunque trasferimento del giudice, per ragioni diverse dall’urgenza, possa avere luogo solo quando il giudice medesimo abbia smaltito il proprio ruolo di udienze, almeno con riguardo a quelle la cui istruttoria si sia già svolta nelle sue cadenze più significative”.
Redazione
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