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Scandalo “Qatar-gate”, spunta il nome dell’eurodeputato del Pd Cozzolino che nega tutto: “Sono profondamente indignato”

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Filtra il nome dell’eurodeputato Pd Antonio Cozzolino tra coloro che sarebbero coinvolti nello scandalo che ha colpito il Parlamento europeo: a menzionarlo sarebbe stato il suo assistente Francesco Giorgi, finito in manette nei giorni scorsi. “Non sono stato né indagato, né interrogato, non ho subito perquisizioni né, tantomeno, sono stati apposti sigilli al mio ufficio: sono pronto a tutelare la mia storia e la mia onorabilità”, ha dichiarato il parlamentare in una nota: “Sono profondamente indignato per le vicende giudiziarie che apprendo dalla stampa e che minano fortemente la credibilità delle istituzioni europee. Personalmente sono del tutto estraneo alle indagini: non sono indagato, non sono stato interrogato, non ho subito perquisizioni né, tantomeno, sono stati apposti sigilli al mio ufficio. Sono pronto a tutelare la mia storia e la mia onorabilità in ogni sede”. Recita così il comunicato diffuso dall’europarlamentare dei Socialisti e Democratici Antonio Cozzolino, accusato dal suo assistente Francesco Giorgi, arrestato per lo scandalo “Qatargate”, di aver preso soldi dall’emirato attraverso Antonio Panzeri, membro anche lui del Parlamento europeo, finito in manette. Il dubbio che anche Cozzolino possa essere coinvolto nasce da una risoluzione dello scorso 24 novembre sui diritti umani relativi ai Mondiali di calcio, dove l’eurodeputato invitava a riconsiderare la posizione sul Qatar. Come mostra “Il Corriere della Sera”, che riporta il parere scritto dell’europarlamentare, Cozzolino dichiara “che sarebbe sbagliato da parte del Parlamento UE accusare un Paese senza avere prove delle autorità giudiziarie competenti”. A ciò si aggiunge anche il Marocco: secondo i magistrati belgi anche la monarchia africana sarebbe coinvolta in un giro di pressioni a danno degli europarlamentari. Come riportano i giornali, gli inquirenti sospettano che Cozzolino e Giorgi sarebbero stati in contatto con la Dged, il servizio di informazione esterna del Marocco, e con Abderrahim Atmoun, ambasciatore di Rabat in Polonia. Secondo Cozzolino, quanto viene raccontato sarebbe falso. “Non ho mai incontrato persone vicine ad agenzie o servizi di sicurezza, né tanto meno ho mai perseguito interessi, vantaggi o utilità personali nella mia vita politica. Inoltre, le delegazioni al Parlamento europeo non sono parte del processo legislativo ed al contrario delle commissioni, non gestiscono risorse del bilancio UE”, afferma l’esponente del Pd. Nel frattempo il segretario dei Democratici Enrico Letta ha convocato la Commissione di Garanzia del partito, “assumere le determinazioni più opportune, a garanzia dell’onorabilità della comunità dei democratici e delle democratiche. Siamo parte lesa e agiremo conseguentemente in tutte le sedi giudiziarie”.
Lo scandalo si allarga
In ogni caso, lo scandalo sembra potersi allargare a macchia d’olio: gli elementi emersi lasciano pensare che presto potrebbero essere coinvolti altri politici e funzionari Ue, facendo crollare così l’intera architettura comunitaria. Un’ipotesi a cui nelle ultime ore si è aggiunta la richiesta della procura europea di revocare l’immunità dell’ex vicepresidente Eva Kaili, ma anche dell’eurodeputata Maria Spyraki (Ppe), per sospetta frode nella gestione della retribuzione degli assistenti parlamentari accreditati. Il tutto mentre la procura federale belga ha presentato ricorso contro la decisione con cui ieri la camera di consiglio aveva deciso di riconoscere a Niccolò Figà-Talamanca, responsabile della Ong “No Peace Without Justice”, il braccialetto elettronico. Per ora gli avvocati degli arrestati restano chiusi nel silenzio: nessun commento per i giornalisti.

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