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Caso Regeni, il ministro Tajani ribadisce: “I familiari hanno il diritto che si faccia luce su ciò che è accaduto e che i responsabili dell’orribile omicidio vengano processati e puniti”

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Il ricercatore friulano Giulio Regeni ucciso in Egitto nel 2016
Sul caso Regeni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso, nel Question time alla Camera, la “vicinanza mia e del governo alla famiglia”. Il responsabile della Farnesina ha poi dichiarato: “I familiari hanno il diritto che si faccia luce su ciò che è accaduto e che i responsabili dell’orribile omicidio vengano processati e puniti”. Giulio Regeni era un dottorando italiano dell’Università di Cambridge rapito a Il Cairo il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, e ritrovato senza vita il 3 febbraio successivo nelle vicinanze di una prigione dei servizi segreti egiziani Il corpo presentava evidenti segni di tortura, al punto che la madre lo riconobbe «dalla punta del naso» e disse di aver visto nel volto martoriato del figlio «tutto il male del mondo». In particolare nella pelle erano state incise, con oggetti affilati, alcune lettere dell’alfabeto, e tale pratica di tortura era stata ampiamente documentata come tratto distintivo della polizia egiziana; queste evidenze hanno messo subito sotto accusa il regime di al-Sisi. L’uccisione di Giulio Regeni ha dato vita in tutto il mondo, e soprattutto in Italia, a un acceso dibattito politico sul coinvolgimento nella vicenda e nei depistaggi successivi, attraverso uno dei suoi servizi di sicurezza, dello stesso governo egiziano. Tali sospetti hanno costituito motivo di forti tensioni diplomatiche con l’Egitto. Secondo il Parlamento europeo, l’omicidio di Giulio Regeni non è un evento isolato, ma si colloca in un contesto di torture, morti in carcere e sparizioni forzate avvenute in tutto l’Egitto negli ultimi anni.

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