venerdì, Aprile 19, 2024

Regina Coeli, sospeso per sei mesi un agente che non controllò un detenuto che poi si è suicidato

Sospensione dal servizio per sei mesi per un agente della polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Regina Coeli a Roma. La misura interdittiva è stata disposta dal gip Maria Gaspari dopo l’inchiesta sulla morte di un detenuto di 28 anni di origine eritrea che si è suicidato nel penitenziario di via della Lungara il 29 giugno dell’anno scorso. Il giovane aveva fatto ingresso nel carcere il 12 novembre 2021 ed era stato inquadrato come soggetto psichiatrico a rischio per la propria incolumità. Il detenuto era stato collocato in diversi reparti della casa circondariale e sottoposto al regime della sorveglianza a vista a causa di numerosi episodi di autolesionismo e due tentativi di suicidio, a dicembre 2021 e ad aprile 2022. L’agente, di 33 anni, è accusato di rifiuto di atti d’ufficio, morte in conseguenza di altro reato e falso. Secondo quanto accertato dalle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, il giorno del suicidio, il 28enne, impiccatosi con un lembo del lenzuolo al montante della porta, era sottoposto al regime di ‘grandissima sorveglianza’ con obbligo di controlli del personale di polizia penitenziaria “cadenzato ogni 15 minuti”. L’analisi dei documenti acquisiti e dei filmati estrapolati dalle telecamere di videosorveglianza a circuito chiuso “hanno consentito – scrive il gip – di accertare che il personale della polizia penitenziaria aveva omesso i dovuti controlli di sicurezza” e dopo il ritrovamento del cadavere “aveva cercato di coprire le omissioni falsificando il registro dei controlli”. Gli accertamenti hanno quindi permesso di appurare che il detenuto non era stato controllato per circa 5 ore e che l’agente della penitenziaria ora sospeso era stato l’ultimo a chiudere il ‘blindo’ della cella. In base a quanto ricostruito dalle indagini, nella stessa mattinata, il poliziotto aveva redarguito il detenuto ed entrando nella cella aveva finto di buttargli addosso un bicchiere d’acqua e un materasso. Secondo quanto accertato dalle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, il giorno del suicidio, il 28enne, impiccatosi con un lembo del lenzuolo al montante della porta, era sottoposto al regime di ‘grandissima sorveglianza’ con obbligo di controlli del personale di polizia penitenziaria “cadenzato ogni 15 minuti”. L’analisi dei documenti acquisiti e dei filmati estrapolati dalle telecamere di videosorveglianza a circuito chiuso “hanno consentito – scrive il gip – di accertare che il personale della polizia penitenziaria aveva omesso i dovuti controlli di sicurezza” e dopo il ritrovamento del cadavere “aveva cercato di coprire le omissioni falsificando il registro dei controlli”. Gli accertamenti hanno quindi permesso di appurare che il detenuto non era stato controllato per circa 5 ore e che l’agente della penitenziaria ora sospeso era stato l’ultimo a chiudere il ‘blindo’ della cella. In base a quanto ricostruito dalle indagini, nella stessa mattinata, il poliziotto aveva redarguito il detenuto ed entrando nella cella aveva finto di buttargli addosso un bicchiere d’acqua e un materasso.
Redazione
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