giovedì, Marzo 28, 2024

È morta a 98 anni Lucy Salani attivista e unica transessuale italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti

È morta a 98 anni Lucy Salani, attivista e unica transessuale italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti. Lo ha reso noto il fondatore dei Sentinelli e consigliere regionale lombardo Luca Paladini. Nata nel 1924 come Luciano Salani a Fossano, è cresciuta a Bologna. Antifascista, dopo aver disertato sia l’esercito fascista italiano sia quello nazista, è stata deportata a Dachau nel 1944.

La sua storia in libri e documentari

Dopo la guerra si era stabilita fra Torino e Bologna. Nel mentre, l’operazione per diventare donna, fatta negli Anni 80 a Londra. La sua storia è diventata nota grazie alla biografia di Gabriella Romano “Il mio nome è Lucy. L’Italia del XX secolo nei ricordi di una transessuale”, pubblicata nel 2009. Due anni più tardi Gabriella Romano ha realizzato anche il documentario “Essere Lucy”. Nel 2014, il regista Gianni Amelio l’ha intervistata nel documentario “Felice chi è diverso”. Tra il 2020 e il 2021 Matteo Botrugno e Daniele Coluccini hanno girato il documentario “C’è un soffio di vita soltanto”, dove la si vede a Dachau, dove era stata invitata per il 75esimo anniversario della liberazione del campo. Lo scorso settembre, a Milano, ha inaugurato la prima festa dei Sentinelli “perché avevamo fatto una mostra, “Homocaust” – spiega Luca Paladini, portavoce del movimento – che raccontava le storie di persone passate dai campi di concentramento in quanto omosessuali. Per noi Lucy è stata una conoscenza arrivata negli ultimissimi anni della sua vita, abbiamo presentato il film che racconta la sua storia incredibile, è l’unica persona trans passata dai campi di concentramento, e tornata libera ha sempre fatto la sua vita da donna libera rivendicando il suo essere”.

Il racconto del periodo fascista e dei sei mesi a Dachau

Era terribile durante il fascismo essere transessuale – aveva raccontato Lucy alla festa dei Sentinelli -. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho subito anche questo, ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile”. Durante la prigionia a Dachau il suo compito era di “portare i cadaveri alla cremazione – aveva ricordato -, tutte le mattine dopo l’appello ero obbligata a trasportare i corpi dalle baracche”. Lo scorso luglio il Comune di Bologna le ha conferito l’onorificenza della Turrita di bronzo. Nel 2019 per lei il Gay Center aveva chiesto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella la nomina a senatrice a vita.

Redazione
Redazione
La nostra linea editoriale è fatta di format innovativi con contenuti che spaziano dalla politica allo sport, dalla medicina allo spettacolo.

Articoli correlati

Ultimi articoli