
Sul caso di Artem Uss, l’uomo d’affari russo evaso dai domiciliari in una casa presa in affitto nella provincia milanese il giorno dopo il via libera della Corte d’appello di Milano alla sua estradizione negli Stati Uniti, è giallo su una lettera inviata il 29 novembre all’Italia dal dipartimento di Giustizia americano. Nella nota veniva segnalato l’altissimo rischio di fuga, e la richiesta era quella di far tornare in carcere Uss: il ministero della Giustizia italiano sostiene di aver inoltrato la missiva alla Corte d’Appello di Milano, la quale invece ribatte di aver ricevuto solo la risposta del ministro Nordio agli americani e non la lettera. Sta di fatto che Uss, come temuto dagli americani, è fuggito. Il figlio 40enne di Alexander Uss, potente governatore della regione siberiana di Krasnoyarsk e amico di Putin, era stato arrestato il 17 ottobre a Malpensa su mandato Usa con l’accusa di presunti traffici illeciti di materiale civile e militare, contrabbando di petrolio dal Venezuela verso Cina e Russia, riciclaggio e frode bancaria. Rimasto in cella fino al 2 dicembre, era poi stato posto ai domiciliari con il braccialetto elettronico in accoglimento di una richiesta della difesa, e da lì era scomparso. Dopo le polemiche per l’evasione del figlio dell’oligarca, il ministro Nordio ha disposto un’ispezione e ha scritto al Copasir (il Comitato parlamentare di controllo dei servizi segreti), una lettera nella quale sostiene che il comportamento del ministero è stato ineccepibile: ricevuta la nota dagli americani, la lettera sarebbe stata prontamente inoltrata alla Procura milanese. Una versione che però il presidente della Corte d’Appello del capoluogo lombardo, Giuseppe Ondei, smentisce, scrivendo che la nota degli Usa “non ci è stata inviata”. Il magistrato lombardo chiarisce infatti che ai giudici milanesi sia stata inviata solo la risposta di Nordio agli americani, nella quale il ministro si è limitato a inoltrare solo la propria risposta, in cui spiegava che la decisione era non del ministero ma dell’autorità giudiziaria, rassicurando però sul fatto che la misura degli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico è equiparabile alla custodia in carcere, ma senza richiedere alla Procura milanese la sostituzione della detenzione domiciliare con il carcere. Cosa che invece, secondo Ondei, avrebbe potuto fare poiché il ministro ha il potere di pretendere misure più coercitive per i soggetti sottoposti a estradizione. Un caso, dunque, ancora tutto da chiarire, tanto che anche secondo il premier, Giorgia Meloni, si tratta di “un fatto abbastanza grave” che presenta “anomalie”. E il presidente del Consiglio ha detto chiaramente che si “riserva di parlarne con il ministro Nordio per capire bene come sono andate le cose”. Anche perché sull’accaduto si rischia l’incidente diplomatico con gli americani, e sulla fuga si allunga l’ombra dei servizi segreti russi.