mercoledì, Maggio 15, 2024

Israele, un mese fa la carneficina di Hamas

La scintilla della nuova escalation si sprigiona il 7 ottobre. Hamas dà inizio all’operazione denominata “Alluvione Al-Aqsa”, pianificata in segreto per due anni. Le brigate Al-Qassam, l’ala militare dell’organizzazione che controlla la Striscia di Gaza, annuncia l’offensiva lanciando razzi sui territori israeliani. In quelle stesse ore i terroristi di Hamas, molti in motocicletta o penetrati nel territorio israeliano con velivoli artigianali, compiono massacri nei kibbutz vicini al confine con la Striscia, uccidendo famiglie e sequestrando persone. Alcuni degli ostaggi, di varie nazionalità, vengono prelevati durante un blitz dei terroristi in un rave vicino al confine. Altri partecipanti vengono uccisi nel loro tentativo di fuga. La reazione di Israele arriva poche ore dopo il massacro: il premier Benjamin Netanyahu dichiara che lo Stato ebraico è in guerra e lancia l’operazione “Spade di Ferro”. Cominciano i bombardamenti sulla Striscia di Gaza. Oltre a liberare gli ostaggi (al momento sono solo quattro quelli rilasciati), l’obiettivo dichiarato di Israele è eliminare Hamas, colpendo anche la rete dei tunnel sotterranei: una volta erano usati per far passare beni di contrabbando, mentre ora sono nelle mani dei terroristi che li impiegano per i loro traffici. L’assedio alla Striscia di Gaza affligge soprattutto i civili, in gran parte privi di Internet ed energia elettrica. Nel fazzoletto di terra tra Israele, Egitto e il mare viene anche vietato l’ingresso di carburante, utile ai terroristi di Hamas per lanciare i propri missili e permettere aria nei tunnel. A metà ottobre l’esercito israeliano ordina ai palestinesi di spostarsi a Sud: un’operazione che coinvolge milioni di persone e che mette in allarme l’Onu sulle “devastanti conseguenze umanitarie”. Il 18 ottobre il presidente americano Joe Biden vola a Tel Aviv e incontra il premier israeliano Netanyahu. Gli Stati Uniti, che sono il più grande alleato di Israele, forniscono sostegno allo Stato ebraico nella guerra contro Hamas ma chiedono di garantire gli aiuti umanitari ai palestinesi. L’altra partita di Biden è capire chi, dopo Hamas, governerà la Striscia. Le parti in guerra spesso si accusano a vicenda, come nel caso dell’ospedale Al-Ahli di Gaza, dove secondo il ministero della Sanità locale sarebbero morte 500 persone sotto le bombe. Per l’intelligence occidentale si tratterebbe però di un fallito lancio di razzi dello Jihad islamico palestinese. Tra il 27 e il 28 ottobre, ossia venti giorni dopo l’inizio della guerra, Israele dà il via anche all’operazione di terra contro la Striscia. Secondo quanto annunciato dall’esercito ebraico, Gaza City al momento è circondata e presto inizieranno i combattimenti all’interno della città. Non si esclude un’azione all’ospedale di Shifa. Parallelamente prosegue il negoziato mediato dal Qatar per l’evacuazione di civili. Il 2 novembre 450 persone tra fragili, bambini e palestinesi con doppio passaporto e stranieri (4 italiani) attraversano il valico di Rafah per entrare in Egitto. Da questa soglia, che unisce la Striscia di Gaza con Il Cairo, passano anche i primi camion con gli aiuti umanitari per i palestinesi. Anche la situazione in Cisgiordania si fa incandescente, dove continuano gli  scontri tra coloni ebrei e palestinesi. Un altro fronte caldo è quello del Libano, con schermaglie sulla Blue Line a colpi di mortaio e razzi tra Israele e i miliziani filo-Hamas di Hezbollah. Tuttavia, per il momento, il leader del partito-milizia libanese resta fuori dal coinvolgimento diretto.

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