lunedì, Aprile 29, 2024

Mattarella, primo pensiero per le guerre: “La pace non è astratto buonismo ma è realismo”

Il messaggio di fine anno del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha toccato molti temi di attualità, tra i quali quello della guerra e quello della violenza contro le donne. Il Capo dello Stato ha spiegato che oggi più che mai è “indispensabile fare spazio alla cultura della pace. Alla mentalità di pace”, perché “parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare una via d’uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell’umanità”. Quindi un appello “ai più giovani: l’amore non è egoismo, possesso, dominio, malinteso orgoglio. L’amore, quello vero, è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità”. Mattarella ha parlato di “Angoscia per la violenza tra gli stati, nelle strade, nella vita quotidiana. la violenza delle guerre in corso e di quelle evocate e minacciate. La guerra in Ucraina, la violenza ignobile oltre ogni termine di Hamas il 7 ottobre, e la risposta del governo israeliano che provoca migliaia di vittime. Ogni guerra genera odio, e l’odio durerà moltiplicato per molto tempo dopo la fine dei conflitti.”. E, ha spiegato, “impegnarsi per la pace significa considerare queste guerre una eccezione da rimuovere; e non la regola del prossimo futuro. Volere la pace non è neutralità o, peggio, indifferenza, rispetto a ciò che accade: sarebbe ingiusto, e anche piuttosto spregevole. Perseguire la pace vuol dire respingere la logica di una competizione permanente tra gli Stati. Che mette a rischio le sorti dei rispettivi popoli. E mina alle basi una società fondata sul rispetto delle persone”. Ma al tempo stesso “sappiamo che, per porre fine alle guerre in corso, non basta invocare la pace. Occorre che venga perseguita dalla volontà dei governi. Anzitutto, di quelli che hanno scatenato i conflitti”. La pace però, ha continuato il Capo dello Stato, “dipende, anche, da ciascuno di noi. Pace, nel senso di vivere bene insieme. Rispettandosi, riconoscendo le ragioni dell’altro. Consapevoli che la libertà degli altri completa la nostra libertà. Vediamo, e incontriamo, la violenza anche nella vita quotidiana. Anche nel nostro Paese. Penso a quella più odiosa sulle donne”. E quindi l’invito ai giovani per un amore vissuto come dono e non come dominio. Tra i problemi che affrontano cittadini e famiglie, ha quindi ricordato Mattarella, ci sono “le difficoltà che si incontrano nel diritto alle cure sanitarie per tutti. Con liste d’attesa per visite ed esami, in tempi inaccettabilmente lunghi”. Ma affermare i diritti significa anche “prestare attenzione alle esigenze degli studenti, che vanno aiutati a realizzarsi. Il cui diritto allo studio incontra, nei fatti, ostacoli. A cominciare dai costi di alloggio nelle grandi città universitarie; improponibili per la maggior parte delle famiglie”. E significa anche “rendere effettiva la parità tra donne e uomini: nella società, nel lavoro, nel carico delle responsabilità familiari”. Affermare i diritti, per Mattarella, significa però anche “non volgere lo sguardo altrove di fronte ai migranti”. Affermare i diritti significa anche “ascoltare gli anziani, preoccupati di pesare sulle loro famiglie mentre il sistema assistenziale fatica a dar loro aiuto. Si ha sempre bisogno della saggezza e dell’esperienza. E di manifestare rispetto e riconoscenza per le generazioni precedenti che, con il lavoro e l’impegno, hanno contribuito alla crescita dell’Italia”. E dai diritti ai doveri, il Capo dello Stato ricorda che fare la propria parte per il Paese “significa contribuire, anche fiscalmente. L’evasione riduce, in grande misura, le risorse per la comune sicurezza sociale. E ritarda la rimozione del debito pubblico; che ostacola il nostro sviluppo. Contribuire alla vita e al progresso della Repubblica, della Patria, non può che suscitare orgoglio negli italiani”. Mattarella ha poi toccato un altro tema di strettissima attualità, quello del’intelligenza artificiale “che si autoalimenta e sta generando un progresso inarrestabile destinato a modificare profondamente le nostre abitudini professionali, sociali, relazionali. Ci troviamo nel mezzo di quello che verrà ricordato come il grande balzo storico dell’inizio del terzo millennio. Dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana. Cioè, iscritta dentro quella tradizione di civiltà che vede, nella persona e nella sua dignità, il pilastro irrinunziabile”. Quindi il presidente ha sottolineato che “viviamo un passaggio epocale. Possiamo dare tutti qualcosa alla nostra Italia. Qualcosa di importante. Con i nostri valori. Con la solidarietà di cui siamo capaci. Con la partecipazione attiva alla vita civile. A partire dall’esercizio del diritto di voto. Per definire la strada da percorrere, è il voto libero che decide. Non rispondere a un sondaggio, o stare sui social”. E poi, “non dobbiamo farci vincere dalla rassegnazione o dall’indifferenza. Non dobbiamo chiuderci in noi stessi per timore che le impetuose novità che abbiamo davanti portino soltanto pericoli. Prima che un dovere, partecipare alla vita e alle scelte della comunità è un diritto di libertà. Anche un diritto al futuro. Alla costruzione del futuro. Partecipare significa farsi carico della propria comunità, ciascuno per la sua parte”.

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