domenica, Maggio 19, 2024

Stazione Termini: scatta l’allarme antincendio. Sono le attiviste di “Bruciamo tutto”

8.30. Stazione Termini. Nella galleria commerciale, all’altezza del negozio TIM, echeggia un grido: “Stiamo bruciando”. Scatta l’allarme antincendio. Poco dopo un gruppo di giovani donne attacca uno striscione sulla vetrina del negozio. C’è scritto: “Bruciamo tutto”. Con le mani sporche di vernice rossa le dimostranti lasciano impronte sulle vetrine. Poi si siedono per terra con dei cartelli in mano. Agli agenti che le bloccano oppongono una resistenza passiva nonviolenta. Vengono circondate dalle forze dell’ordine. Una di loro è contusa a un polso. “Siamo costrette di notte ad evitare i sottopassaggi, le stazioni, i vagoni dei treni con altri uomini, perché temiamo di essere stuprate, molestate e uccise” spiega Anna durante l’azione ai passanti. “E anche quando siamo arrivate a casa non siamo al sicuro, perché troviamo violenza fisica, verbale, psicologica, economica, ricatti, manipolazioni. Quindi non scandalizzatevi perché siamo venute qua a suonare l’allarme e lasciare qualche impronta di vernice. Cosa è questo in confronto alla strage che viene completamente ignorata, non si sta facendo niente per la violenza di genere, viene considerata come un fatto inevitabile, ‘magari te la sei cercata’, ‘magari devi denunciare tu’, ‘stai attenti a come sei vestita stai attenti ai luoghi che frequenti’. Perché non possiamo andare dove ci pare? Perchè non possiamo vestirci come ci pare?”. “Bruciamo tutto” è il movimento nato dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin per protestare contro la violenza maschile sulle donne. Chiedono un “reddito di libertà”: un contributo di 400 euro pro capite su base mensile per un massimo di 12 mesi alle donne vittime di violenza seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle regioni e dai servizi sociali. Un sostegno che esiste ma – dicono le attiviste – è molto difficile da ottenere a causa di un iter lungo e burocratizzato.

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