Home Lazio Cronaca Sansa d’oliva per depurare l’acqua dall’arsenico

Sansa d’oliva per depurare l’acqua dall’arsenico

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L’evento Life BIOAs si è tenuto ieri mattina, giovedì 28 Marzo, nella sala congressi dell’Hotel Aldero. L’esposizione del progetto per assorbire l’arsenico, sperimentale nelle intenzioni e fattuale nelle tappe, è stata affidata a una successione di interventi mirati. Una sostanza residuale dell’industria agraria, la sansa di oliva, è stata inserita in una catena di processi in qualità di bio-adsorbente: i prodotti di questo tipo hanno il compito di fissare le sostanze inquinanti sulla propria superficie, spesso incrementata chimicamente per catalizzarne i tempi di concentrazione. La partnership delle aziende e degli accademici coinvolti è stata presentata da un cappello introduttivo, realizzato dall’amministratore della Talete Salvatore Genova e dal suo direttore generale, Alessandro Fraschetti. Soltanto 10 microgrammi per litro: questa quantità, a primo acchito effimera, misura invece il limite massimo di arsenico previsto per le fonti di acqua potabile ed è stato sancito dall’OMS. A contaminare l’acqua destinata al consumo privato contribuiscono, oltre all’arsenico, la caffeina e le scorie dei farmaci: si tratta di un dato oggettivo e allarmante, confermato dai relatori della convention finale del progetto “Life BIOAs”, dedicato ai metodi innovativi di filtraggio e adsorbimento degli inquinanti dei giacimenti idrici. Si evince dal nome dell’iniziativa un richiamo rapido alla tavola periodica, il carburante per le sfide del presente: l’elemento dell’arsenico vi è registrato con la sigla As, mentre l’unione di “biologic” e “bias”, deviazione, riflette l’esigenza di ristabilire gli equilibri tipica delle scienze. Servono circa 1200 tonnellate di sostanze filtranti per purificare le acque di un territorio come il Viterbese, in cui l’arsenico si trova per la maggiore nel lago di Vico. A risentirne sono i comuni limitrofi, come Fabrica di Roma. L’emergenza dell’arsenico si è fatta viva anche nella città di Bagnoregio. Illuminanti sono state le argomentazioni proposte dagli studiosi invitati, molti dei quali operanti per lo spin-off di ricerca italiano Eco Recycling, per l’azienda Technosind, specializzata nel trattamento delle energie rinnovabili e per il presidio di studi interuniversitario HTR. L’illustrazione delle tecnologie di adsorbimento dell’arsenico, è iniziata con il saluto istituzionale del professor Luigi Toro, impegnato in attività di ricerca all’Università “La Sapienza” di Roma. In seguito, le trattazioni proposte sono state eterogenee: è intervenuta a descrivere il progetto complessivo Francesca Pagnanelli, docente alla “Sapienza”, sottoponendo alla visione dei presenti una sequenza di soluzioni attuabili (dall’utilizzo di idrossidi di ferro granulati alla loro filtrazione con un mulino a cono). Dopo Ilario Falcone, artefice dell’implementazione di prototipi di adsorbimento, ed Emanuela Moscardini, CEO di Eco Recycling, la conferenza è stata condotta da Flavia Forte, ingegnere chimico nella stessa società. È stata da lei messa in luce la prospettiva di vita dell’adsorbente ottenuto, il suo life cycleassessment (LCA). Anche Fraschetti ha apportato un contributo nevralgico: si è occupato di verificare gli achievement del progetto, ossia i risultati reali. La riduzione del rilascio di anidride carbonica è tra i punti di forza dell’esperimento. Con il ricercatore Faizan Khalil e i docenti universitari Pietro Altimari e Paulo Mira Mourao, operante presso l’Università portoghese di Evora, il progetto è stato affiancato a necessari bilanci economici e alle condizioni di reiterazione dei processi di funzionalizzazione dell’adsorbente usato.

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