La scoperta della necropoli di Norchia è dovuta a padre Pio Semeria, il domenicano appassionato di storia ed archeologia che visse a lungo nel viterbese. Una delle tombe più importanti presenti nel sito, la Tomba Lattanzi, deve il suo nome ad un medico condotto che “scoprì” la camera della tomba monumentale nel 1852. Ma il sito, già dalla seconda metà del XX secolo, fu sostanzialmente abbandonato al saccheggio e alla devastazione, per tornare a suscitare l’interesse delle istituzioni solo nella seconda metà degli anni 70. Messa in sicurezza dei reperti, realizzazione di sentieri, scavi ulteriori. Ma il sito resta ancora oggi sostanzialmente inaccessibile, immerso nella natura, che spesso è mescolata con i blocchi di tufo che caratterizzano le tombe presenti. 10 ettari di terreno, in parte di proprietà privata, strade poco facili, ruscelli da guadare, ponticelli, scale risalenti a qualche decennio fa. Grazia alla collaborazione della Soprintendenza dei Beni Archeologici di Viterbo abbiamo fatto una ampia visita al sito, compresa l’area militare che comprende la Tomba Lattanzi, oggetto da qualche tempo del lavoro di scavo della squadra diretta dall’archeologo del Cnrs Vincent Jolivet, che ha in concessione per un triennio gli scavi in quel luogo. La soprintendente ha annunciato imminenti lavori di manutenzione – interventi di rammendo, fatti con le risorse disponibili – per rendere un po’ più accessibile in sicurezza il sito e per mettere in sicurezza i monumenti. Anche in collaborazione con l’Ispra, la Soprintendenza sta studiando i possibili interventi sui blocchi di tufo e sulle piante che in alcuni casi sono fuse con la pietra. Un gruppo di archeologi, botanici, giuristi propone da tempo la realizzazione di un Parco archeologico e naturalistico, per rendere fruibile la “Petra” italiana e per evitare sia abbandonata a se stessa.