Una storia travagliata in vita e altrettanto dopo la morte quella della discarica di Cupinoro a Bracciano. Comune e Regione l’uno contro l’altra su chi debba gestire l’invaso nei trent’anni successivi alla chiusura. I rifiuti del nord della Provincia di Roma conferiti nel sito dal 1991 al 2016. Un milione e 850mila metri cubi di spazzatura sotto il capping; le installazioni artistiche come simbolo dell’avvenuto recupero e della messa in sicurezza dell’area. I privati che gestivano l’invaso dileguatisi nel nulla nel 2004; poi il subentro della “Bracciano Ambiente Spa”, società a totale partecipazione pubblica, indipendente dal Comune, fallita nel 2016. Da allora l’intervento straordinario della Regione fino all’11 maggio scorso, quando la Direzione Ambiente, con la messa in sicurezza terminata, ha lasciato il sito. La discarica per giorni lasciata senza alcun controllo. Poi il contrordine del sindaco di Bracciano, Marco Crocicchi, che con un’ordinanza ha obbligato la società incaricata di presidiare l’invaso a continuare nel monitoraggio ambientale. Chi inquina paga, dice la legge. “Due gestori falliti, 26 comuni del Lazio che hanno conferito a Cupinoro, non spetta a noi il post mortem trentennale della discarica”, sostiene Crocicchi. “Prendetevi le vostre responsabilità”, la replica dell’Assessore Regionale al Ciclo dei Rifiuti Fabrizio Ghera che ricorda lo stanziamento di fondi in favore del Comune di Bracciano: un milione e 350mila euro in tre anni. Il 16 luglio sulla questione si esprimerà il TAR. Nel mezzo i cittadini che chiedono solo sicurezza. “Percolato e biogas vanno smaltiti. Non si può lasciare un sito del genere senza monitoraggio ambientale, come è avvenuto”, dicono preoccupati.