Dopo oltre tre anni di indagini, il caso della tragica morte di Fabio Palotti, ascensorista di 39 anni, è vicino a un possibile processo. L’uomo perse la vita il 27 aprile 2022, schiacciato da un ascensore mentre era impegnato in lavori di manutenzione al ministero degli Esteri, alla Farnesina. La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per cinque persone con l’accusa di omicidio colposo: si tratta di funzionari del ministero e responsabili delle ditte appaltatrici. Al centro delle contestazioni vi sarebbero gravi negligenze nei controlli di sicurezza e la mancanza di procedure adeguate.
Le accuse della Procura
Secondo i magistrati, i cinque imputati non avrebbero verificato che Palotti avesse i requisiti professionali e sanitari necessari per operare sull’impianto. Fra loro figurano: Carlo Anzellini, amministratore dell’azienda subappaltatrice della manutenzione; Giuseppe Nobile, funzionario del ministero degli Esteri; Marianna Perilli, responsabile del servizio di prevenzione e protezione della Farnesina; Emilio Innocenzi, legale rappresentante del consorzio che aveva ottenuto l’appalto; Fabrizio Mainas, referente dell’azienda capofila. Per la Procura, le mancanze di queste figure avrebbero contribuito a creare le condizioni della tragedia.
La dinamica dell’incidente
Quel giorno, Palotti stava completando un intervento di manutenzione su un ascensore del palazzo della Farnesina. Dopo aver riattivato il macchinario, si è accorto di aver lasciato il telefono cellulare nella cabina. Tornato indietro per recuperarlo, un dipendente del ministero ha chiamato l’ascensore, ignaro che ci fossero lavori in corso. Non era stato esposto alcun cartello di avviso né predisposte misure per impedire l’uso dell’impianto. Palotti è rimasto schiacciato tra la cabina e il vano corsa, morendo sul colpo. Il suo corpo è stato trovato solo 13 ore più tardi, quando un collega, insospettito dall’auto ancora parcheggiata, ha dato l’allarme.
Le negligenze contestate
Oltre alla mancata segnalazione del cantiere, i pubblici ministeri rilevano altre carenze: assenza del documento di valutazione dei rischi (DVR) obbligatorio per legge; mancata redazione di un piano di sicurezza specifico per l’intervento; certificato medico di abilitazione di Palotti scaduto da due anni; presentazione di un falso certificato di abilitazione da parte di Carlo Anzellini, poi scoperto dai carabinieri. Questi elementi delineano, secondo l’accusa, una catena di errori e omissioni che ha reso possibile l’incidente mortale.