«Una provocazione al buon senso». Così il consigliere di Roma Futura e urbanista Giovanni Caudo, presidente della commissione Pnrr, ha definito il progetto presentato dalla SS Lazio per trasformare lo stadio Flaminio nella nuova casa delle aquile. Il progetto, presentato lo scorso marzo in Campidoglio dal presidente Claudio Lotito, prevede un investimento da 400 milioni di euro per ristrutturare radicalmente l’impianto disegnato dall’architetto Nervi, con l’obiettivo di ottenerlo in concessione per 99 anni. L’idea è quella di realizzare un impianto moderno e funzionale, capace di ospitare 60 mila spettatori, prevedendo soluzioni per mitigare l’impatto sulla viabilità di un quartiere già congestionato dagli eventi allo stadio Olimpico e all’Auditorium Parco della Musica. Caudo, però, punta il dito proprio sulla sostenibilità del progetto. «Si tratta di un’infrastruttura che attirerebbe quasi 60 mila persone in un’area residenziale già gravata da traffico e parcheggi selvaggi», osserva. Secondo il consigliere, le soluzioni proposte dal club biancoceleste per la gestione dei flussi sarebbero «improbabili» e «tecnicamente deboli», rischiando di trasformare il Flaminio in un problema urbanistico ancora più complesso. C’è anche un tema di tutela storica: «Il vecchio stadio viene praticamente cancellato – denuncia Caudo – si demolisce la tettoia e quello che resta viene sovrastato da una struttura completamente nuova». I numeri parlano chiaro: l’altezza passerebbe dagli attuali 17,6 metri a 40 metri, mentre l’impronta a terra aumenterebbe di circa 50 metri per lato. Una trasformazione che, secondo Caudo, smentisce la stessa relazione di progetto presentata al Comune, dove si afferma che il manufatto «è stato complessivamente conservato e preservato». Per il consigliere, dunque, non si tratterebbe di una valorizzazione dell’opera di Nervi, ma di un intervento che ne stravolgerebbe identità e contesto urbano.