domenica, Novembre 9, 2025

Il “giallo” del certificato

Al centro della vicenda c’è il certificato di destinazione urbanistica del 2012, allegato all’atto notarile, che classificava il terreno come “zona B7 – completamento residenziale”, quindi edificabile. La contribuente ha sempre sostenuto che quel documento fosse errato o addirittura falso, ricordando come un certificato precedente lo considerasse non edificabile e come un successivo, del 2016, lo qualificasse a verde pubblico. Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale le aveva dato ragione, riconoscendo le ragioni della contribuente. Tuttavia, in appello, la situazione è stata ribaltata: la Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha ritenuto valido il certificato del 2012, giudicando infondate le accuse di falsità e confermando che, al momento della vendita, il terreno doveva essere considerato edificabile. Con la sentenza della Cassazione, il contenzioso si è definitivamente chiuso a favore dell’Agenzia delle Entrate, rigettando il ricorso della contribuente e confermando l’obbligo di pagamento delle imposte, più del doppio del prezzo di vendita effettivamente ricevuto. La vicenda, durata più di dieci anni, ha sollevato numerose polemiche sul tema della coerenza delle classificazioni urbanistiche e sulle conseguenze fiscali per i cittadini, facendo emergere un vero e proprio paradosso nel sistema tributario italiano, dove discrepanze documentali possono generare oneri economici pesantissimi.

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