lunedì, Novembre 10, 2025

“Un atto endoprocedimentale non può essere impugnato in via autonoma”

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha posto fine alla controversa vicenda giudiziaria legata a una domanda di condono edilizio del 1985, dichiarando inammissibile il ricorso presentato dal cittadino che si era opposto alla riattivazione dell’istruttoria da parte del Comune. Nella motivazione, i giudici hanno richiamato un principio consolidato della giurisprudenza amministrativa, ribadito anche dal Consiglio di Stato: “Un atto endoprocedimentale non può essere impugnato in via autonoma, atteso che la lesione della sfera giuridica del destinatario è di regola imputabile alla statuizione che conclude il procedimento”. In parole semplici, il cittadino avrebbe potuto contestare il provvedimento finale, se e quando emesso, ma non una semplice richiesta di integrazione documentale, come quella inviata dal Comune per poter completare l’analisi della pratica. Il TAR ha dunque respinto il ricorso per carenza di interesse, precisando che l’atto impugnato non produce effetti lesivi diretti e non incide, in sé, sulla posizione giuridica del destinatario. A completare il quadro, il Comune di Ardea è stato riconosciuto parte vittoriosa nel giudizio: il ricorrente è stato infatti condannato al pagamento delle spese legali, quantificate in 2.000 euro, oltre accessori di legge. La sentenza conferma l’orientamento dei tribunali amministrativi a tutela dell’efficienza procedurale e della correttezza dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione. Resta ora da vedere se, dopo quasi quarant’anni, la domanda di condono potrà finalmente essere esaminata nel merito, consentendo al Comune di chiudere una pratica rimasta fin troppo a lungo nei cassetti.

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