martedì, Aprile 23, 2024

America Latina: emergenza migratoria simile a quella europea

La crisi del Venezuela è sempre più una crisi umanitaria e rischia di destabilizzare buona parte del Sudamerica. Il presidente del Brasile, Michel Temer, ha ordinato una mobilitazione delle forze armate nello Stato settentrionale di Roraima per proteggere la frontiera con il Venezuela, da cui sono arrivate in pochi giorni decine di migliaia di profughi in fuga dalla fame che ormai attanaglia il loro Paese nonostante le riforme del presidente Nicolas Maduro. Temer ha spiegato che le truppe resteranno nell’area per due settimane con il compito di far rispettare la legge e di "garantire la sicurezza dei cittadini brasiliani ma anche degli immigrati venezuelani che fuggono dal loro Paese".
I militari brasiliani sono già stati schierati nello Stato per assistere i migranti nell’ambito dell’operazione Accoglienza, ma ora avranno anche il compito di garantire l’ordine pubblico.
Temer, in un discorso dal palazzo presidenziale di Panalto, a Brasilia, ha annunciato che chiederà l’appoggio internazionale per affrontare una crisi che a suo giudizio "minaccia l’armonia dell’America latina" perché "tocca le frontiere di molti Paesi". La situazione è particolarmente tesa a Pacaraima, lungo la frontiera, dove gruppi di brasiliani hanno assaltato una settimana fa una tendopoli di migranti dopo che un commerciante locale aveva denunciato di essere stato derubato e malmenato da alcuni venezuelani.
Si calcola che quasi 500 venezuelani entrano in Brasile ogni giorno per fuggire dalla grave crisi economica e sociale del proprio Paese dal 2015 si stima che siano 56.000 quelli che hanno chiesto asilo politico o la residenza in Brasile. Il Perù ha dichiarato un’emergenza sanitaria di 60 giorni nelle aree di confine con l’Ecuador, per il rischio, in termini di salute e igiene, rappresentato dall’aumento dei flussi migratori dal Venezuela.
I distretti interessati dal provvedimento, in vigore da oggi, sono Aguas Verdes e Zarumilla nella provincia Zarumilla, e Tumbes, nella regione omonima, dove si trova il valico di frontiera con l’Ecuador e gli uffici immigrazione. La richiesta di dichiarare l’emergenza sanitaria è arrivata al governo nazionale dalle amministrazioni locali e dalla Protezione Civile, dopo l’arrivo di migliaia di cittadini venezuelani nei giorni precedenti al 25 agosto, data in cui è stato poi introdotto l’obbligo di esporre il passaporto, e non più solo la carta di identità, per entrare in Perù.
Lo stato di emergenza sanitaria autorizza le amministrazioni regionali interessate e vari ministeri ad attuare azioni immediate, necessarie ad affrontare una possibile crisi.
Il Perù è il secondo Stato che ospita più migranti venezuelani, con circa 400.000 arrivi nel corso dell’ultimo anno. Lima ha comunque disposto una deroga alla richiesta di passaporto nei confronti delle donne incinte, degli anziani oltre i 70 anni di età e i minori che vogliano entrare in Perù per riunirsi alle famiglie. Il primo a inasprire le misure – adottando la procedura del passaporto alla frontiera – era stato l’Ecuador, allarmato dal crescente flusso di persone in fuga dal Paese di Nicolas Maduro. La misura era rimasta in vigore per una settimana ma è stata revocata quando Quito ha annunciato l’apertura di un ’corridoio umanitario’ per permettere a centinaia di migranti venezuelani di raggiungere il confine con il Perù prima dell’entrata in vigore delle stesse restrizioni all’ingresso. Sono oltre 420 mila i migranti venezuelani che quest’anno sono entrati in Ecuador attraverso il posto di confine di Rumichaca con la Colombia, molti diretti verso il vicino Perù. Fino a quattromila persone al giorno sono arrivate in Ecuador, Perù, Brasile e Colombia. Secondo quanto ha riferito l’Onu, dei 2,3 milioni di venezuelani che vivono all’estero, oltre 1,6 sono fuggiti da quando è iniziata la crisi nel 2015.

Redazione
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