giovedì, Marzo 28, 2024

Fratelli d’Italia chiama in piazza gli italiani, mobilitazione nell’area metropolitana di Roma

FdI della provincia di Rom mobilita l’elettorato contro il governo M5S-Pd

Fratelli d’Italia chiama in piazza gli italiani

Il portavoce provinciale FdI, Gianluca Frittellini: “Invitiamo tutti a venire a Roma in piazza Montecitorio per dire No a questo giochetto di palazzo”

 

di Alberto Sava

Movimento 5 Stelle e Pd insieme per un nuovo Governo e la politica, anche la nostra cittadina si mobilita. A invitare i ceretani a mobilitarsi è il portavoce e membro dell’esecutivo per il coordinamento della Provincia di Roma per Fratelli d’Italia Gianluca Frittellini. “Il nostro appello – spiega Frittellini– non è solo rivolto ai militanti, ma a tutti i cittadini di Cerveteri che credono ancora nella sovranità del popolo italiano”.  “Andremo a Roma per dire No a questo giochetto organizzato dal Pd e dai 5 stelle per non perdere le poltrone, tradendo la fiducia dei propri elettori”. “Scenderemo in piazza se si dovesse verificare la nascita di un governo tra Pd/M5S, senza che sia stato scelto dal popolo tramite democratiche elezioni”. “L’appuntamento è a Piazza Montecitorio nel giorno della fiducia”. “Molti– prosegue Frittellini – vorrebbero proibirci di manifestare pacificamente il nostro dissenso sventolando solo la bandiera italiana, descrivendo tale manifestazione un atto eversivo”. “Noi ricordiamo a questi signori: che tutto ciò è permesso dalla Costituzione italiana”. “Chiunque volesse unirsi a noi, può contattarci tramite messaggio privato su Facebook/Messanger o inviando una mail al nostro indirizzo fratelliditaliaclm@gmail.com”. Fin qui la nota che abbiamo ricevuto da Fratelli d’Italia- che si mobilita contro la nascita di un Governo che non piace a nessuno, tranne che all’establishment. Sono settimane che quasi tutti i commentatori della carta stampa e televisiva criticano ferocemente questa accozzaglia di palazzo e di potere. Per inciso, in queste ultime ore inizia a filtrare la verità sul perché Matteo Salvini abbia staccato la spina, ma non è di questo che vogliamo parlare. A tutt’oggi la realtà è che la nascita del governo giallorosso è tutt’altro che scontata. Elezioni, elezioni, elezioni, questa è l’unica strada da imboccare per continuare a credere di vivere in un Paese democratico, il resto è accozzaglia di palazzo e di potere. Tra la folla di giornalisti allineati in maniera prona, ne troviamo molti che seguono e narrano correttamente le vicende politiche del Paese e tra questi Marcello Veneziani è quello che stimiamo di più. Recentemente Veneziani ha pubblicato un interessante e stimolante editoriale dal titolo “Pagliacciocrazia”. L’articolo, tratto dal sito marcelloveneziani.com, è stato pubblicato lo scorso 29 agosto, ma noi lo riproponiamo perché attualissimo. “Provate a togliere il sonoro alla crisi e a guardare con distacco a quel che sta succedendo: due partiti che fino a ieri si disprezzavano pubblicamente si incontrano sul nulla, cioè sull’avvocato Giuseppe Conte e danno luogo a un rovesciamento totale di alleanze e di indirizzi. Lasciamo da parte i giudizi soliti che si sentono in questi giorni e arriviamo perfino ad accogliere due obiezioni: 1) anche l’alleanza tra grillini e leghisti non scaturì dalle urne e la loro alleanza non fu prima presentata al giudizio degli elettori 2) Siamo in una democrazia parlamentare e finché sussistono i numeri in Parlamento per esprimere un’altra maggioranza, non possono essere i sondaggi o altre votazioni, come quella europea, a decretare l’obbligatorietà di tornare alle urne. Diciamo che dovrebbe essere una scelta di buon senso e di rispetto della sovranità popolare ma formalmente non c’è alcun obbligo a farci votare. E allora cosa suscita disgusto? Due cose, anzi tre. Innanzitutto, è la quarta volta che la sinistra si accinge ad andare al governo, senza peraltro aver mai lasciato il potere, e ad arrivarci senza passare dal voto, con un’indicazione popolare. La quarta volta dopo Letta, Renzi e Gentiloni. Una volta può accadere, due magari con qualche forzatura si può capire, ma se accade sistematicamente vuol dire che la sinistra in Italia è una cupola che non può essere rimossa dal potere e chiunque cerchi di farlo è per definizione un delinquente, sottoposto a processo mediatico-giudiziario e additato al pubblico disprezzo. La seconda cosa è che non c’è nessun perno programmatico che unisca le due forze in via di allearsi, ma solo la comune preoccupazione di non andare al voto e di mettere fuori gioco il leader fino a oggi acclamato a furor di popolo. Non c’è un orizzonte di programma comune, non c’è un punto essenziale. L’alleanza Lega-grillini era anch’essa tra due soggetti molto diversi ma una linea in comune ce l’avevano: erano definiti entrambi populisti, erano contro l’establishment e critici ambedue verso i diktat europei. Era già qualcosa, poi differivano, e tanto, le visioni del mondo (o del web, per i grillini). Adesso è ridicolo pensare che il Pd diventi populista e anti-establishment ed è raccapricciante vedere che il partito più antisistema abbia scelto un democristiano duttile, multitasking e paraculista come Conte a farsi rappresentare e ad allearsi col partito-sistema, il partito-apparato, previo bacio della pantofola all’Unione Europea col voto a Ursula. Penosa l’assenza di contenuti e la fame assoluta di contenitori. Ma superate queste due riserve contingenti, c’è uno spettacolo di fondo che avvilisce e indigna al tempo stesso. È la riedizione, a un gradino ancora più basso, della storica miseria delle classi di potere in Italia. Non sono classi dirigenti, e non sono neanche classi dominanti come le fustigava Antonio Gramsci: perché i dominatori almeno hanno qualche vaga responsabilità di comando rispetto al popolo. No, queste sono classi sovrastanti, che cioè stanno sopra la gente e non vogliono scendere al piano terra, prescindono dal popolo; e anche quando l’ultimo masaniello arriva, sbucato dal nulla (espressione che oltre Conte evoca Fico, Di Maio, a’ Raggi e compagnia cantante), sono pronti a ogni compromesso pur di restare aggrappati a quel piano. La sinistra è per sua essenza ormai da anni quella delle terrazze e dei piani alti, è al potere e appena qualcuno vuole aprire la porta per farli scendere, si barricano e gridano al nazista di turno, al delinquente in arrivo e al razzismo montante. Ma lo spettacolo è antico e ciclico. E mostra la vigliaccheria, l’egoismo furbetto, la misera morale e intellettuale del ceto sovrastante. Avevo rispetto per la vecchia sinistra comunista, avevo rispetto per chi nutriva ideali e passioni di giustizia sociale, rappresentava la classe operaia e il proletariato. Ma che considerazione si può avere di questa roba qui, dei loro moventi, delle loro scelte, dei loro anatemi e dei loro compromessi? L’unico ideale che riescono a esprimere è in negativo, antinazionale, antifamigliare, antitradizionale. Sono solo un fenomeno dissolutivo, sono il partito del suicidio d’Italia, dell’eutanasia di civiltà cristiana e di chi da fuori e da dentro ne mira la coesione, l’identità, il senso comunitario. L’unico punto in comune che unisce i promessi sposi, ma che non è estraneo nemmeno alla Lega e al centro-destra, è la demeritocrazia trionfante: ovvero gli ultimi saranno i primi, ma in un senso non propriamente evangelico. L’ultimo arrivato fa il premier, gli ultimi scappati di casa, senz’arte né parte, diventano ministri, le scadenti retrovie di quel che era la sinistra diventano i leader e ministri. È questo l’eterno tradimento delle classi di potere in Italia, che spiega i ritardi secolari della nostra unificazione, il servilismo come stile e come sottomissione allo straniero di turno, al potente in alto e al migrante in basso; la massima goldoniana che se la casa brucia non spengo l’incendio ma voglio scaldarmi un po’ anch’io (cioè trarre profitto dallo sfascio); e poi l’antico, pezzente trasformismo per restare a galla, l’astuzia di servire due padroni per barcamenarsi e tirare sul prezzo, la perdita di ogni residua dignità. Questa è la miseria degli ultimi giorni.
Non credo affatto che il nostro popolo sia meglio dei potenti, ma penso che i potenti riescano a essere peggio del loro popolo e a costituire un esempio, un modello di riferimento per la gente a seguire standard morali e civili ancora più scadenti di quelli già in uso. Eccola, l’alleanza dei Quaquaraquà.  Coi gialloverdi era al penultimo stadio, ora siamo allo stadio finale :è la pagliacciocrazia”.

Redazione
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