mercoledì, Maggio 15, 2024

Agenzia delle Entrate, cartelle a quasi 9 milioni di italiani? Edoardo Favaretti “E’ una notizia che genera disagio sociale”

Al noto psichiatra e psicoterapeuta romano Edoardo Favaretti, autore di diversi saggi sulla depressione, Direttore Sanitario presso la Struttura Residenziale Psichiatrica Villa Belvedere, e direttore del C.I.A.M., Centro Italiano anti-Mobbing, abbiamo chiesto di aiutarci ad interpretare alcuni degli atteggiamenti più rilevanti nella popolazione italiana in tempi del Coronavirus. 

 

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La vera grande dote naturale di Edoardo Favaretti è la modestia e lo stile riservatissimo che caratterizza la sua vita professionale e soprattutto privata. Autore egli stesso di decine di pubblicazioni e di saggi sulla depressione, è anche un osservatore attentissimo della trasformazione sociale di questi mesi avvenuta in Italia dopo l’esplosine della pandemia. Il suo studio privato è un andirivieni di soggetti e pazienti che anche in tempi di Coronavirus gli hanno chiesto aiuto e assistenza, dunque, un osservatorio privilegiato per capire meglio dinamiche altrimenti illeggibili e di difficile interpretazione. E per la prima volta, il noto psichiatra romano ci appare sotto una luce diversa, quella di un italiano come tanti, spaesato e confuso da tutto quello che ci succede intorno, dal modo come la politica continua a gestire la fase dell’emergenza, e che cerca nei suoi pazienti il conforto e la spinta per andare avanti. Cosa che fa con una dolcezza fuori dal comune.

 

-Dottor Favaretti, ogni giorno davanti agli uffici postali si formano file immense di gente che aspetta anche tre ore per ritirare una raccomandata: è normale? È normale correre alla posta per una lettera che potrebbe non essere determinante per la vita di ognuno di noi. Nella maggior parte dei casi non lo e.

 

Innanzitutto, temo che si debba rinunciare al concetto di normalità: senza volere offendere nessuno, proprio in questi giorni sui giornali si sta discutendo della nostra connazionale liberata dai terroristi islamici, la quale mostra dopo tanti mesi di indottrinamento un mutamento assoluto di ideologia religiosa e non. Ecco, con le dovute proporzioni, il comportamento dei cittadini in fila alle poste è figlio del martellamento mediatico subìto fin dalla fine di febbraio.

 

-Dall’alto del suo osservatorio qual è il giudizio più ricorrente che i suoi pazienti le danno sul modo come è stata gestita la fase dell’emergenza?

 

Nello studio di uno psicoterapeuta ci sono persone con disturbi lievi di ansia o con difficoltà relazionali come pure persone affette invece da patologie gravi: percepisco però in tutte loro una tipica regressione infantile in cui, di fronte all’insicurezza e all’ignoto, esse ritornano bambini e quindi per loro l’esperto deputato alla gestione dell’emergenza appare tale e quale ad un padre infallibile e sempre giusto: c’è una identificazione acritica.

 

-È bastato che qualcuno scrivesse o dicesse che tra qualche mese 9 milioni di italiani riceveranno una cartella di pagamento da Agenzia delle Entrate per far scattare il panico sociale. È normale? È giustificato?

 

Come dicevo prima, se accettiamo acriticamente ogni comunicazione passataci dall’alto, allora quella delle nove milioni di cartelle esattoriali in arrivo, non può che generare panico e reazioni scomposte: è il “normale dell’anormale”.

 

-Le è capitato di indagare lo stato d’animo di qualcuno che lavora a casa da remoto: come è stato preso lo smart working? È vero che sono in aumento i pazienti affetti da depressione? Nel senso che la fase Covid 1 ha incrementato i sintomi depressivi originari?

 

Si certamente, ma pure a livello psicologico siamo ancora alla fase2: la gente vive uno stato depressivo di cui non ha al momento una vera e propria consapevolezza: in tanti, privati di libertà e socialità, di aria fresca e  lavoro, continuano a ripetere a se stessi e ai loro cari che in fondo il lockdown non è così male, che lo smart working è “l’uovo di Colombo” per risolvere molti problemi sociali(!) e qualcuno addirittura auspica un simile periodo anche nel prossimo inverno. Sono preoccupato, se il Governo non intervenisse in fretta, delle conseguenze a lungo termine.

 

-Qual è il sogno ricorrente di chi si siede sul lettino di uno psichiatra? Un grande amore? Una relazione esclusivamente sessuale, una giornata di vacanza al mare o in montagna? Altro?

 

È una domanda interessante: se parlassimo in senso lato, direi una bella vacanza al mare con la persona amata o desiderata. Ma in realtà i sogni ricorrenti sono sogni in cui emergono i punti non risolti a livello inconscio e così, mai come adesso, i sogni sono conflittuali, la nostra funzione emotiva è castrata da questa realtà di “non vita” e ce lo comunica proprio attraverso il sogno.

 

-C’è sempre più gente che non riesce più ad arrivare alla fine del mese: le capita di ascoltare proteste e confessioni di questo tipo? Si parla sempre più spesso di suicidi. Questo clima generale di emergenza favorisce il ricorso al suicidio come forma di risoluzione dei problemi?

 

Il suicidio non è praticamente mai la soluzione ad un problema bensì “un atto contro qualcuno”: a questo punto è immaginabile un grande numero di suicidi di lavoratori rimasti senza nulla e con il sentimento di “essere stati lasciati soli dallo Stato”. Dovremmo creare immediatamente una rete capillare di ascolto ed assistenza di queste persone giunte alla disperazione profonda.

 

-Lei conosce bene la condizione delle nostre carceri: è vero che anche in carcere il Covid ha seminato terrore e paura tra i detenuti? Anche in questa fase, come se ne esce, che suggerimenti darebbe ad un detenuto?

 

Le carceri mi stanno molto a cuore e ci ho lavorato molto anni: sono rimasto sconvolto da come le Istituzioni siano state messe sotto scacco dalle rivolte organizzate ad arte ad inizio marzo dai detenuti. I casi di infezione potevano arrivare solo dall’esterno e veri rischi non ce ne erano, apportando semplici misure di separazione con i nuovi giunti ed il personale che specificamente si fosse occupato di costoro. Imprescindibile una risposta forte da parte dello Stato che finalmente mi pare stia giungendo; l’uso dei tamponi è ormai prassi attuale che cautelerà ogni persona all’interno del carcere ma sempre nel rispetto delle Leggi.

 

-Ne usciremo da questa fase di immensa solitudine? A che condizioni e quali consigli darebbe ad un suo paziente?

 

Ne usciremo senz’altro ma il problema è come e a che prezzo. Se mi fosse consentita una battuta, sarebbe meglio che fossero i miei pazienti a dare consigli a chi oggi ha gestito e continua a gestire questa emergenza.

Redazione
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