mercoledì, Aprile 24, 2024

“Carta Vetrata”/ Cosa sarà (da “Incompiute” raccolta di racconti)

di Stefania Origlia

 

Riflettevo sul fatto che il mio albero di Natale, sebbene fosse carico e ridondante come deve essere un albero volgare e consumistico che si rispetti, avesse una lucina che non ubbidiva all’intermittenza. Che noia vederla fissa ogni anno, mentre le altre si spegnevano e l’istante dopo si riaccendevano, in un gioco a singhiozzo, ed io restavo lì a guardarle come fanno i bambini, come se dovesse accadere qualcosa di decisivo da un momento all’altro. C’era un problema di contatto o era un dispetto che in qualche modo mi ero meritata? Assurda questa seconda opzione, così patetico questo pensiero tipico di chi ne ha pochi altri per la testa.
In effetti non ho mai avuto fretta di tirare fuori l’arrosto dal forno o di chiamare qualcuno per rassicurarlo del fatto che stessi bene. Non c’erano mai scadenze imminenti, né uno sconvolgente amore irripetibile a bussare alla mia porta. Mi ero da sempre rifiutata anche di prendere un animale domestico proprio per non assecondare ulteriormente il cliché a cui corrispondevo. Avevo fatto di tutto per tenere il mio profilo il più basso possibile, per restare tra le fila, per non essere notata in alcun modo. Mia madre si disperava davanti allo spreco di tutta questa mia incredibile intelligenza, come ripeteva ogni volta che provava a pungolarmi, sperando di sortire un’impennata di autostima che evidentemente era assente in me. Ed io che invece continuavo a scremare, a tenermi più leggera. Ero sempre troppo per lei e tutti quelli che provavano ad annusarmi da vicino, sempre troppo poco. Era faticoso dover corrispondere a certe proiezioni e a determinate aspettative e ancor di più, accorgermi che ero stretta all’angolo, ogni volta che mi guardava con gli occhi mesti di chi pensava di aver sbagliato qualcosa. Nonostante ciò, non avevo perso un certo incanto per alcune cose. Mi imbambolavo per delle sciocchezze, ridendo come una adolescente isterica, fino alle lacrime. Mi capitava a volte, mentre passeggiavo distrattamente per strada, di fermarmi a toccare le manine dei bambini che incrociavo, assicurati su carrozzine ultra moderne e spinte da mamme piuttosto avvenenti e molto affabili. Spalancavo gli occhi facendo con la bocca tutte quelle cose assurde e ridicole che si fanno per far sorridere un neonato. Quando il bimbo di turno finalmente mi spalancava la sua bocca sdentata, ecco quello era l’unico momento in cui mi sentivo davvero al posto giusto, che mi faceva sentire così divertente e così necessaria al mondo. Per il resto, un lavoro di responsabilità, i capelli sempre spettinati, la palestra per fare pubbliche relazioni. Rispondere a sguardi indiscreti, come da copione, con sguardi allusivi, anche quelli già previsti e, soddisfatta di questo traguardo da due soldi, ritrovarmi ad osservare il mio corpo nudo, davanti allo specchio degli spogliatoi e accorgermi che sì, insomma, avevo ancora qualcosa da dire. Lasciarmi accompagnare a casa, lasciarmi corteggiare, lasciarmi scopare. Ero sola. Sono sempre stata sola. Non dovevo raccontare a nessuno della mia vita. Mi sceglievo abiti di pregio, mi spalmavo crema idratante e, a fasi alterne riprendevo anche a truccarmi. Da sola. L’aperitivo con le amiche il giovedì, prima del cinema. Il venerdì giocavo a fare l’intellettuale per mostre, sabato vedevo di nuovo quello della palestra, o un altro, mica era sempre lo stesso. Insomma il sabato era il giorno della giostra, come lo chiamavo io. E’ molto ridicola l’idea che alcune persone hanno in merito al sesso, ovvero che l’aspetto prettamente ludico dell’andare a letto con qualcuno sia esclusivo degli uomini. Mai sentito niente di più ridicolo. E, ancora più ridicolo e grottesco, è il fatto che a noi donne, ci hanno inculcato l’idea di farlo credere, almeno. Essere considerata un puttana perchè mi piace scopare almeno quanto possa piacere ad un uomo, mi ha sempre fatto sorridere. Se un uomo e una donna non si dichiarano reciprocamente di voler guardare verso un’unica direzione è chiaro che la strada è assolutamente libera per entrambi. Giorno della giostra compresa. Ricordo una volta un uomo con cui mi vedevo, single e senza figli, un ricco professionista con il pallino per le barche a vela che, in un momento di confidenza, mi raccontò che lui preferiva andare con quelle sposate piuttosto che con quelle come me, perchè emotivamente, lui rappresentava, nella sua ottica, l’unico diversivo che potevano permettersi quelle donne, nella loro già complessa e problematica vita privata. Una sorta di supereroe per decerebrate, alle quali offriva ristoro fisico e godimento part time. Il gioco consisteva nel fatto che lui poteva accompagnarsi con chiunque volesse ma ognuna di quelle impegnate che si sceglieva, gli doveva restare fedele, anzi peggio, era convinto di ciò. Cercai in ogni modo di dissuaderlo, di fargli capire che se una donna sposata va con un altro uomo, il prescelto deve essere consapevole che potrebbe non essere l’unico e che questo non avrebbe fatto di lei una puttana al quadrato, nè l’avrebbe fatta sprofondare in un insostenibile senso di colpa perchè recidiva e che, sì, aveva il diritto di tradire anche l’amante, tanto quanto lui avesse il diritto di scoparsene una diversa a settimana, solo perchè single. Capivo che dal punto di vista morale la cosa potesse sconvolgere la sua logica razionale, ma era piuttosto ridicolo non offrire nulla di consistente dal punto di vista emotivo e nonostante questo pretendere una certa sudditanza. Molto egoistico come approccio, gli dissi una volta. E’ inutile sottolineare che il mio discorso lo irritò moltissimo e che i nostri convegni, non così brillanti in verità, iniziarono a diradarsi improvvisamente fino a che non smettemmo di vederci. Le mie amiche hanno sempre invidiato la mia orgogliosa resistenza allo stereotipo ma la verità è che sono pigra, molto pigra e inventare balle per vivere tranquilla non mi interessa minimamente. Quindi di nuovo, domenica al bowling con quelli del gruppo di lettura. Martedì in palestra. E così via. Sola. Non è una vita difficile, la mia. Non ho mai avuto struggimenti, né ripensamenti. Non ho fame di niente, ho anche un camino in pietra viva per l’inverno e abbonamenti di ogni tipo per drogarmi di prime visioni. Conosco abbastanza bene i nomi dei vini utili da sfoggiare in qualche cena elegante, so pattinare sul ghiaccio, amo la musica classica, scio discretamente e ho un brevetto da sub. Se mi piace qualcosa il più delle volte riesco a comprarla senza rimorsi, i soldi a questo servono, a dare sollievo. Amo viaggiare in auto per borghi e luoghi isolati e quando accade mi piace restare a chiacchierare con la gente del posto, e mentre fotografo chiese e cascine diroccate, amo farmi raccontare le leggende che emozionano i turisti, storielle trite e ritrite a cui mi piace continuare a credere. Mangio come un camionista perchè ho la fortuna di non ingrassare, ho le tette grandi che sanno valorizzano anche la felpa della tuta e un bel sorriso, dicono. Non disdegno neppure due risate alle battute di basso livello, se mi ritrovo a bere e a fumare con alcuni miei colleghi, quando ci diamo allo sbraco, nel fine settimana. So essere così becera, così meravigliosamente priva di considerazione per me stessa.
Sono io sola, da sola. Non devo dar conto a nessuno delle mie miserie ed ho iniziato a perdonarmi già da un po’. Questo è tutto e tutti dovrebbero ricordarsi che le persone sono così, che sono sole e devono poter essere loro stesse. Quest’anno il mio albero di Natale è maestoso e ho quasi finito la lista delle cose da comprare per il cenone della Vigilia. Mia madre si è arrabbiata moltissimo quando ha saputo che mia sorella avrebbe dato forfait e ancora di più quando le ho detto che, tra gli altri, ho deciso di invitare anche uno del mio gruppo di lettura. L’ho fatto perchè è uno dei pochi che non mi fa domande idiote e insulse, non vomita banalità sull’amore perché sa cos’è evidentemente, beato lui e poi perchè mi piace guardarlo mentre si spoglia nudo prima di sdraiarsi su di me, distesi sul parquet, quelle volte che mi dà un passaggio fino a casa. Sa del mio “giorno della giostra” ma non ho mai pensato che potesse darmi della puttana per questo motivo. Anche quando sto con lui mi sento al posto giusto. Pare sia anche molto bravo ai fornelli e ha detto che preparerà qualcosa di speciale da portare e lo spero perchè altrimenti mia madre sarà infelice e odiosa per tutta la serata. Le lucine impertinenti del mio albero invece sono felici. Lo sento. Quella fissa resta accesa tra le fronde e mi guarda, però. Come al solito. Mi indica come un dito puntato. Quando mi soffermo sul suo bagliore, mi viene sempre un nodo in gola. A ben guardarla è più bella di tutte le altre, di un bel blu elettrico, eppure è così inutile all’insieme, così insignificante nel marasma di luci alternate. Così fuori gioco, senza alcun rispetto per le intermittenze. Ma quando tutte si spengono e lei insiste a restare accesa, ferma, è luminosa come una stella. Perfetta perchè unica. Perfetta perché è sola.

https://steory.wixsite.com/stephaniesays

Redazione
Redazione
La nostra linea editoriale è fatta di format innovativi con contenuti che spaziano dalla politica allo sport, dalla medicina allo spettacolo.

Articoli correlati

Ultimi articoli