“La pandemia ha fatto emergere un senso collettivo di inadeguatezza, forse una mancanza, certamente un bisogno di protezione e ha sottolineato l’importanza di disporre di un Servizio sanitario a impronta marcatamente pubblica, diffuso omogeneamente sul territorio nazionale e capace di tutelare la salute di tutti, al di sopra degli interessi particolari”. E’ quanto sottolinea la Caritas di Roma nel Rapporto “Salute e fragilità sociale in tempo di pandemia: un punto di vista”. Tra le criticità riscontrate in Italia nei mesi di pandemia emergono quelle che riguardano la popolazione straniera. “Si è registrata infatti una sproporzione di impatto di salute per gli immigrati con un maggiore rischio di morte nei pazienti provenienti da Paesi a basso Indice di Sviluppo Umano ed un ritardo di diagnosi (15-30 gg)”, sottolinea Caritas Roma. Nei centri di accoglienza, la possibilità di accesso alle misure di prevenzione e di contenimento del contagio sono state a carico degli enti gestori senza indicazioni da parte delle Istituzioni. Alto è il rischio di “invisibilità” per quello che riguarda le vaccinazioni in un contesto in cui, da giugno 2021, alcune Regioni hanno cominciato a vaccinare in modo disomogeneo e discontinuo. Persone che rischiano di rimanere ai margini o esclusi dal sistema: 500mila immigrati senza un permesso di soggiorno che per accedere alle prestazioni sanitarie possono però avere il codice Stp; altre decine di migliaia, ma difficilissimi da quantificare, i comunitari non in regola amministrativamente, che per l’accesso alla sanità possono richiedere la tessera Eni; 200 mila gli stranieri che hanno fatto domanda di regolarizzazione e che non ha ricevuto alcuna risposta e sono in un “limbo amministrativo”. Vi sono anche oltre 50mila senza dimora, molti dei quali non in contatto con la rete di volontariato.