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lunedì, Giugno 17, 2024

Ucraina, oggi ricorre il 36° anniversario dell’immane tragedia della centrale nucleare di Chernobyl

Alle ore 1 e 23 del 26 aprile 1986 una violenta esplosione nel reattore numero 4 della centrale di Chernobyl innesca un incendio che produce un’enorme nube radioattiva. Le prime immagini mostrano il reattore completamente distrutto. Prestati i primi soccorsi, l’intera zona circostante viene evacuata e sottoposta a controlli: l’ambiente risulta altamente contaminato dalle radiazioni. Il materiale radioattivo, trasportato lontano dalla nube, si deposita sul terreno. Piante e ortaggi sono i primi a farne le spese. Il raccolto analizzato, anche a centinaia di chilometri di distanza dall’incendio, è contaminato. L’emissione di vapore radioattivo cessa soltanto il 10 maggio 1986. 336mila persone sono state evacuate, molte delle quali non torneranno mai più a casa loro. Ma la zona industriale si deve ricostruire. Squadre di operai lavorano per settimane tra le macerie per rimettere in sicurezza il sito. Il livello spesso altissimo delle radiazioni rende le operazioni molto complesse. La centrale nucleare non può essere chiusa: da sola fornisce il 10% dell’energia elettrica dell’Ucraina, farne cessare l’attività significherebbe compromettere la fornitura in ampie aree del Paese. Già nelle prime settimane comincia la costruzione del “sarcofago” che dovrà sigillare il nocciolo del reattore numero 4, per contenerne le radiazioni. Gli altri tre reattori della centrale restano in funzione per anni. Le autorità assicurano che è tutto in sicurezza, ma la popolazione protesta e due di questi reattori verranno chiusi. L’ultimo reattore a essere spento è il numero 3, il 15 dicembre del 2000, in diretta televisiva nazionale con il presidente ucraino Leonid Kučma. Tuttavia negli anni a seguire, le famiglie delle vittime continuano a protestare: chiedono più assistenza, risarcimenti adeguati e giustizia.
Redazione
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