giovedì, Maggio 16, 2024

Germania, 50 anni fa il massacro di atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco 1972

Una dimostrazione della ripresa tedesca 27 anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale: questo dovevano essere le Olimpiadi di Monaco del 1972. Invece è passata alla Storia per l’uccisione di 11 membri della delegazione israeliana per mano di terroristi del gruppo palestinese Settembre Nero. Per evitare di ricordare i Giochi di Berlino del 1936 sotto Hitler, la polizia tedesca nel villaggio olimpico era vestita in borghese e non era armata: anche per questo, i terroristi poterono agire indisturbati nelle prime fasi. Il commando di Settembre Nero, composto da otto uomini, entrò in azione poco prima dell’alba del 5 settembre, sorprendendo la delegazione dello Stato ebraico nel sonno. Entrati nell’appartamento, i terroristi spararono e uccisero immediatamente l’allenatore di wrestling Moshe Weinberg e il sollevatore di pesi Josef Romano, che morì dissanguato, mentre altri nove tra atleti e coach israeliani venivano presi in ostaggio. Subito dopo il sequestro, il commando chiese la liberazione di oltre 200 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, oltre a due terroristi tedeschi della Raf, Andreas Baader e la giornalista Ulrike Meinhof. Gli attentatori chiesero anche un aereo per trasferirsi in una destinazione del Medio Oriente. “Questo è un ricatto della peggior specie”, rispose la premier israeliana Golda Meir. “Se accettassimo, nessun israeliano sarebbe più al sicuro nel mondo”. Le operazioni di salvataggio furono coordinate dalle forze di polizia tedesche, che però erano male equipaggiate e impreparate, e gestirono male la situazione. Il loro primo tentativo di fare irruzione nell’appartamento dove erano asserragliati i terroristi ad esempio, fallì perché le loro mosse di avvicinamento furono riprese in diretta dalle televisioni che trasmettevano dal villaggio olimpico e i terroristi li videro dagli schermi. I terroristi posero diversi ultimatum, ma solo alle dieci di sera fu trovato l’accordo con i negoziatori per il trasferimento del commando con gli ostaggi alla base aerea di Fuerstenfeldbruck, da dove sarebbero partiti alla volta del Cairo. Qui ci fu il secondo errore delle forze speciali tedesche, che si travestirono da equipaggio dell’aereo ma furono scoperti dai terroristi. Il Boeing allestito dagli agenti tedeschi fu ispezionato da due palestinesi, ma qualcosa andò storto e la polizia aprì il fuoco, innescando una lunga sparatoria. Mentre i rinforzi tardavano ad arrivare, i terroristi lanciarono una granata nel primo elicottero, uccidendo gli occupanti, e poi spararono agli ostaggi che erano sul secondo. L’operazione fu un fallimento, e il bilancio finale fu di nove israeliani morti, insieme a un poliziotto tedesco e cinque degli attentatori. I restanti tre fedayyin (“devoti”) i del gruppo di Settembre Nero vennero catturati. La loro detenzione però non durò a lungo: Berlino li scarcerò poche settimane dopo, in seguito al dirottamento di un volo Lufthansa a Zagabria, in cambio della liberazione di equipaggio e passeggeri. Nonostante la tragedia, il 6 settembre, all’indomani del massacro, si tenne un memoriale allo stadio di Monaco per ricordare le vittime e il presidente del Comitato olimpico internazionale Avery Brundage dichiarò che “i Giochi devono andare avanti”. La decisione spaccò l’opinione pubblica mondiale. L’attentato creò degli attriti nei difficili rapporti tra Germania e Israele: a scatenare le polemiche fu il capo della polizia locale Manfred Schreiber, che pochi giorni dopo attribuì la responsabilità dell’accaduto a Israele, colpevole di aver emesso “una condanna a morte” per gli atleti respingendo le richieste dei terroristi. Scheriber disse anche che la polizia tedesca “non ha commesso errori” e che il caso “non poteva essere gestito meglio”. Dopo la tragedia si aprì un contenzioso tra le famiglie delle vittime e Berlino, riguardante le scuse ufficiali e i risarcimenti: l’offerta iniziale tedesca fu di un milione di marchi come “gesto umanitario”, rifiutando quindi di ammettere alcuna responsabilità. Negli anni si arrivò a 4,6 milioni di euro, ancora lontani dalla cifra richiesta dai familiari, fino a quando il 31 agosto 2022 le due parti hanno raggiunto un accordo per 28 milioni di euro. Berlino ha riconosciuto la sua “responsabilità e le terribili sofferenze delle persone uccise e dei loro parenti”.
Redazione
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