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Cinema, a Hollywood salta la trattativa sui compensi: sceneggiatori sono sciopero

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Negli Usa migliaia di sceneggiatori televisivi e cinematografici americani scioperano. Lo ha annunciato il loro sindacato dopo il fallimento delle trattative coi principali studi e piattaforme sull’aumento delle loro retribuzioni. Il consiglio del potente sindacato degli sceneggiatori Writers Guild of America (Wga), “agendo sotto l’autorità conferita dai suoi membri, ha votato all’unanimità a favore di un ricorso allo sciopero” che entrerà in vigore “da martedì 2 maggio”. Uno stop a film e programmi tv che coinvolge tutto il settore per la prima volta in 15 anni. Le trattative con gli studios, iniziate a marzo, in vista della scadenza del contratto collettivo della categoria (il 2 maggio appunto) sono fallite e in una nota ufficiale, messa on line alle 21.00 di Los Angeles (le 6.00, a Roma), vale a dire a tre ore dalla scadenza del contratto Writers Guild of America (WGA), ha annunciato che i suoi 11.500 sceneggiatori sindacalizzati incroceranno le braccia. L’ultima volta era successo nel 2007. Lo stop potrebbero avere effetti disastroso per il settore e avrà una ricaduta su più di 800.000 lavoratori dello spettacolo, bloccando set, produzioni e programmi come Jimmy Kimmel Live o The Tonight Show starring Jimmy Fallon. L’ultimo sciopero a Hollywood era stato 15 anni fa: anche allora furono gli scrittori di cinema e tv a paralizzare l’industria cinematografica più ricca e prolifica del mondo per 100 giorni, tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008. Uno sciopero che costò agli Studios circa 2 miliardi di dollari. “Il comportamento delle aziende ha creato una gig economy all’interno di una forza lavoro sindacale, e la loro posizione irremovibile in questa trattativa ha tradito l’impegno a svalutare ulteriormente la professione di scrittore”, ha dichiarato la Wga in un comunicato. “Dal rifiuto di garantire un qualsiasi livello di occupazione settimanale nella televisione a episodi”, si legge nel comunicato, “alla creazione di una ‘tariffa giornaliera’ nel varietà comico, all’ostruzionismo sul lavoro gratuito per gli sceneggiatori e sull’Intelligenza Artificiale, hanno chiuso la porta alla loro forza lavoro e hanno aperto la strada alla scrittura come professione completamente indipendente. Nessun accordo del genere potrebbe mai essere contemplato da questa associazione”.
E ancora: “Il comitato di negoziazione della WGA ha trascorso le ultime sei settimane a negoziare con Netflix, Amazon, Apple, Disney, Discovery-Warner, NBC Universal, Paramount e Sony sotto l’egida dell’Alliance of Motion Picture and Television Producers (AMPTP). Nel corso della trattativa, abbiamo spiegato come le pratiche commerciali di queste societa’ abbiano ridotto drasticamente i nostri compensi e i nostri diritti d’autore e, quindi, minato le nostre condizioni di lavoro. Abbiamo chiarito che siamo determinati a raggiungere un nuovo contratto con una retribuzione equa che rifletta il valore del nostro contributo al successo dell’industria e includa protezioni per garantire che la scrittura continui ad essere una professione sostenibile”. Il 98% dei quasi 10.000 iscritti al sindacato aveva votato due settimane fa per autorizzare i propri rappresentanti ad arrivare allo strappo, in caso gli Studios avessero continuato a fare muro. I punti della discordia restano i salari, i diritti d’autore e il lavoro di scrittura che precede l’effettiva produzione, spesso non retribuito. Da un’indagine tra gli iscritti alla WGA, risulta che la meta’ di loro percepisce la paga minima (mentre dieci anni fa guadagnava cosi’ solo il 33%) e che lo stipendio settimanale medio è sceso del 23%, considerando l’inflazione. Una questione spinosa e’ il ricorso alle mini-room. Gli Studios non assumono piu’ sceneggiatori per scrivere uno show di cui e’ stato approvato il pilota. Ormai, convocano piccoli gruppi di creativi per scrivere in tempi brevi 8-10 episodi, ancor prima di decidere se entrare in produzione. Se poi la serie non si fa, non sempre pagano. “Quando stavamo scrivendo Everything sucks – si sfoga su Twitter lo sceneggiatore Michael Mohan – io e Ben rubavamo cibo dalla mensa di Netflix perché per molti mesi abbiamo lavorato gratis”. “Serie con milioni di dollari di budget non dovrebbero avere scrittori nelle mini-room che non ce la fanno a pagarsi l’assicurazione medica”, twitta Josephine Green Zhang con l’hashtag .WGAstrong. Un altro nodo da sciogliere è quello dei diritti d’autore per i lavori destinati allo streaming. Se anni fa era facile calcolarli sui biglietti venduti e sui passaggi televisivi, la situazione ora e’ molto piu’ complicata. Quando il CEO di Netflix Ted Sarandos ha festeggiato il successo di Bridgerton – guardato da 82 milioni di account nel 2020 – la sceneggiatrice Leila Cohan ha twittato: “Questa è una bella notizia! Sai cosa sarebbe bello anche? Ricevere i diritti d’autore proporzionati a questo grande successo!’. Chiudere taccuini e computer degli sceneggiatori significa inceppare tutto il ‘sistema Hollywood’ a monte. Si bloccano le produzioni di serie e film e le redazioni di programmi tv. “Non avrei un programma, se non fosse per i miei autori. Sono con loro fino in fondo”, ha esemplificato Jimmy Kimmel sul tappeto della Met Gala. Molti volti noti del piccolo e grande schermo esprimono solidarietà agli scrittori. L’hanno fatto anche i sindacati di attori e registi: il loro contratto scade tra un mese. Tempi duri per gli Studios.

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