domenica, Maggio 5, 2024

Agenti arrestati, parla Piantedosi: “Un episodi di enorme gravità”

“Le vicende che emergono dall’inchiesta di Verona, ove fossero confermate, sarebbero di enorme gravità, lesive innanzitutto della dignità delle vittime ma anche dell’onore e della reputazione di migliaia di donne e uomini della polizia di Stato che quotidianamente svolgono il proprio servizio ai cittadini con dedizione e sacrificio”. Lo ha sottolineato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, assicurando che “la magistratura e la stessa polizia di Stato faranno piena chiarezza su quanto avvenuto”.
Pugni, calci, umiliazioni e “sadiche torture” con l’utilizzo dello spray al peperoncino. Poi i racconti divertiti al telefono, le parole di vanto con la fidanzata dei pestaggi in Questura. Sono alcuni dei particolari che emergono dall’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere cinque poliziotti di Verona. In più di un’occasione le vittime, stando a quanto ricostruito, oltre a essere picchiate, sarebbero stato umiliate: gli agenti avrebbero negato loro il bagno e le avrebbero costrette a rotolarsi nell’urina sul pavimento. Il ministro Piantedosi: “Episodi di enorme gravità”. Indagati altri 17 agenti. Quella che il gip descrive nell’ordinanza di custodia cautelare per i cinque agenti di Verona finiti ai domiciliari è una lunga serie di violenze. Sistematiche, continuate nel tempo e condite da insulti razzisti e minacce di morte. Le 169 pagine che compongono il documento sottolineano, scrive il giudice, proprio la violenza di chi ha tradito la propria funzione commettendo reati “con preoccupante disinvoltura”. Gli indagati, un ispettore e quattro agenti, prendevano di mira i “deboli”, quasi sempre persone straniere o senzatetto. Questa “circostanza che, da un lato – scrive il gip -, ha consentito agli indagati di vincere più facilmente eventuali resistenze delle loro vittime, dall’altro ha rafforzato la convinzione dei medesimi indagati di rimanere immuni da qualunque conseguenza” forti del fatto che nessuna delle vittime avrebbe mai sporto denuncia. Si coprivano l’un l’altro, ridevano dei pestaggi, si vantavano delle botte quando fermavano qualcuno. Un “modus operandi consolidato” – ricostruisce il giudice di Verona Livia Magri – e “condiviso da numerosi operanti dell’ufficio Volanti della Questura”. Intercettato al telefono con la fidanzata, l’agente si vanta dei pestaggi. Alle vittime diceva: “Adesso ti faccio vedere io quante capocciate alla porta dai, boom boom boom boom”. “E io ridevo come un pazzo”, raccontava alla ragazza. Parlava delle “stecche” sul volto sferrate alle vittime, dei calci e dei pugni. “Ho caricato una stecca amo’, bam, lui chiude gli occhi, di sasso per terra è andato a finire, è rimasto a terra”, racconta al telefono. Ma a picchiare erano tutti, sostiene ancora il giudice, prendendosi gioco delle loro vittime, utilizzando anche lo spray al peperoncino senza alcuna ragione, solo per il sadico gusto di umiliarle. Le pestavano tutti insieme, trascinandole nelle stanze della Questura, picchiandole e umiliandole fino a negargli il bagno costringendole a rotolarsi nell’urina sul pavimento. In un caso due poliziotti sono accusati non solo di aver picchiato una persona sottoposta a fermo di identificazione, ma anche di averla costretta a urinare nella stanza fermati. Gli stessi l’hanno poi l’hanno spinta in un angolo facendola cadere a terra e usandola “come uno straccio per pulire il pavimento”. “Com’è che Roberto non l’ha ammazzato”, chiede un’agente intercettata ai colleghi. “Si’ che l’ammazza”, la risposta. “Lo buttiamo alla casa abbandonata, prende una scarpata nei cogl…”. “Stai zitto, altrimenti entro dentro e vedi cosa ti faccio”, una delle altre minacce nei confronti delle vittime.

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